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Tunisia: ex torturatori Ben Ali in cerca di perdono

Ma per popolo ancora vividi i ricordi delle violenze del regime

20 gennaio, 11:38

(di Diego Minuti) (ANSAmed) - ROMA, 20 GEN - Ogni regime dittatoriale, per affermare il suo controllo sul popolo, esercita la violenza e affida spesso ad oscuri personaggi il compito di annullare, drammaticamente, il rispetto della persona e dei diritti che essa vanta. Come coloro che (parliamo di chi esercita la tortura), per conto dello Stato, usano la violenza contro chi è "colpevole" solo di tacere e non denunciare. La Tunisia, nella sua storia recente, cioè dall'Indipendenza, ha avuto bisogno di affidare le proprie sorti a uomini forti. Lo ha fatto con Bourghiba, ancora oggi considerato il padre della patria, e lo ha fatto anche con Ben Ali, che mise in piedi una efficiente macchina repressiva, in un simulacro di democrazia buona soltanto per l'immagine della Tunisia all'estero. Se la struttura repressiva ufficiale aveva volti e voci ben conosciute (come Ali Seriati, capo della Guardia presidenziale e per tutti il vero uomo forte del regime, temutissimo anche in seno al gruppo di potere del dittatore)), ce ne sono stati altri rimasti confinati nell'ombra. Manovali del terrore cui il regime di Ben Ali fece ricorso, per oltre vent'anni, e che costituivano il nerbo di parti dello Stato mai ammessi nella loro esistenza. Ora, dopo quattro anni dalla caduta di Ben Ali, questi personaggi cominciano a manifestarsi volontariamente e non perché inseguiti dalla giustizia e lo stanno facendo per ottenere il perdono da parte di un Paese che conosceva benissimo la loro funzione, ma che li ha nascosti nei meandri più oscuri della memoria, quasi vergognandosene. Uno di questi torturatori, Al Hiwar Attounssi, ha affidato tale richiesta di perdono ad una intervista ad un canale televisivo privato. E questa richiesta sta suonando dolorosa per la Tunisia che probabilmente non ritiene che sia giunto il tempo per perdonare, sentendo ancora pulsanti le ferite inferte da chi il regime aveva incaricato di fare da aguzzini, nutriti dai cascami economici della dittatura.

Tutti sanno benissimo che nelle caserme della polizia, così come della Guardia nazionale che dell'Esercito esistevano delle stanze sul cui uscio venivano fermati democrazia e pietà. E, quando non era la tortura, ci pensavano le terribili condizioni delle prigioni, che hanno causato malattie che segnano ancora oggi il corpo di molti ex detenuti politici. Ma sino a che punto la Tunisia è disposta a perdonare? Il Paese, già poche settimane dopo la caduta di Ben Ali, fece una scelta ben precisa, quella di non mettere in piedi una Norimberga sul mare di Cartagine, "limitandosi" ad amministrare giustizia vera e non inquinata dalla sete di vendetta. Una scelta che ha evitato che scorresse del sangue (formalmente la pena di morte è ancora prevista per reati come l'alto tradimento), ma che ha lasciato un retrogusto amaro per chi sperava che tutto il marcio sarebbe stato spazzato. Così, in fondo, non è stato e la richiesta di perdono dei torturatori di Ben Ali appare come l'ultimo colpo di coda di un passato che tutti vogliono seppellire.(ANSAmed).

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