(ANSAmed) - TUNISI, 19 FEB - "La Tunisia non ha scelta per
quanto riguarda i foreign fighter tunisini di ritorno dai
focolai di tensione coinvolti nel terrorismo perché accoglierli
è un impegno internazionale". Lo ha detto Neila Fkih, magistrato
e vicepresidente della Commissione nazionale antiterrorismo in
occasione di un audizione davanti alla Commissione parlamentare
per la sicurezza e la difesa, precisando tuttavia che la
Costituzione afferma che tutti i tunisini hanno il diritto di
vivere nel loro paese. Per ogni foreign fighter che rientra è
previsto l'arresto e un passaggio davanti ai giudici. La Tunisia
ha elaborato tre tipi di approccio differenti in relazione al
trattamento delle fattispecie dei foreign fighter di ritorno, ha
detto Fkih. Questi casi vengono prima sottoposti ai tribunali
per l'analisi, poi vengono sviluppati programmi specifici per i
detenuti per proteggere il loro entourage dal rischio di
indottrinamento, ed infine viene fornita loro assistenza e
monitoraggio una volta fuori dal carcere.
Il problema più rilevante rimane quello dei minori, figli di
jihadisti, spesso detenuti o bloccati all'estero, con o senza le
relative madri. Le statistiche rivelano l'esistenza di quasi 86
bambini con padri coinvolti in affari di terrorismo e bloccati
in zone di conflitto, ha detto il magistrato. Il maggior numero
di casi si registra in Libia, i restanti sono sparsi tra Siria e
Iraq, ha detto ancora il magistrato, sottolineando che si tratta
di bambini che rientrano in una categoria speciale. "È possibile
infatti che questi bambini siano stati testimoni o addestrati a
commettere atti terroristici, quindi hanno bisogno di cure
specifiche", ha detto.
Dal 2017 la Commissione nazionale antiterrorismo ha iniziato
a implementare programmi per la riabilitazione dei bambini nati
nelle zone di conflitto e che devono tornare in Tunisia, ha
precisato il suo segretario, Malek Kochlef, aggiungendo che il
programma prevede principalmente la formazione di funzionari
della Direzione generale delle prigioni e della riabilitazione,
i centri di difesa e integrazione sociale, il Ministero degli
affari sociali e le varie parti interessate. Kochlef ha detto
che 30 persone hanno ricevuto una formazione nel 2018 e altri
40, compresi i delegati per la protezione dei minori,
riceveranno una formazione specifica nel 2019.
Il tema del ritorno in patria dei jihadisti tunisini dalle
zone di conflitto e la predisposizione di una strategia
nazionale per la gestione di questo problema sono da qualche
anno al centro di un acceso dibattito nel Paese nordafricano. La
commissione nazionale di lotta all'estremismo e al terrorismo,
creata nel 2015 su decisione del Consiglio nazionale di
sicurezza, si compone di rappresentanti della presidenza della
Repubblica, del governo, del ministero degli Esteri, della
Giustizia, dell'Interno, della Difesa, di magistrati
specializzati, di ufficiali delle Dogane, di analisti finanziari
e di esperti dell'Agenzia tecnica delle telecomunicazioni.
(ANSAmed)