I suoi avvocati hanno già annunciato di voler fare appello. Il caso aveva fatto scalpore in Tunisia e sollevato le critiche di molte associazioni di categoria e della società civile che lo hanno interpretato come un'attacco alla libertà di espressione.
L'Osservatorio nazionale per la difesa della natura civile dello stato (Ondce) aveva sottolineato in una nota la necessità di rispettare la libertà di espressione e di fede come fondamento dello stato civile e chiesto di combattere ogni forma di violenza, abuso e minaccia con tutti i mezzi legali. Il presidente del Sindacato nazionale dei giornalisti tunisini (Snjt) Néji Bghouri, aveva ritenuto le accuse rivolte alla ragazza uno scandalo di stato e una pericolosa indicazione del ritorno della politica della repressione e della museruola.
Amnesty International aveva invitato le autorità tunisine, alla fine di maggio, a far cadere le accuse in questo caso, che, secondo l'Ong, illustra i continui attacchi alla libertà di espressione nella giovane democrazia tunisina. L'utente di Internet rischia "una pena detentiva fino a tre anni semplicemente per aver condiviso un messaggio satirico su Facebook", aveva dichiarato Amna Guellali, direttrice regionale di Amnesty International. "Tale processo invia il messaggio che chiunque osi esprimere un'opinione controversa sui social network rischia di essere punito", aveva sottolineato Amnesty, chiedendo la protezione di Emna dopo "inquietanti" minacce di "morte e stupro".
La studentessa è perseguita ai sensi dell'articolo 6 della Costituzione che stabilisce che "lo Stato protegge la religione". La legge fondamentale votata nel 2014, frutto di un compromesso storico, prevede che lo stato "garantisca la libertà di credo, di coscienza" impegnandosi a "proteggere il sacro e impedire che venga minato". Emna aveva condiviso il 4 maggio scorso sulla sua pagina facebook una parodia del Corano intitolata "Sourate Corona", a proposito della pandemia di Covid-19 imitando lo stile del testo sacro. In particolare aveva condiviso queste frasi "Non vi è alcuna differenza tra re e schiavi, seguire la scienza e abbandonare le tradizioni", e la conclusione ironica "così parla il grande Jilou", un nome di divinità inventato. (ANSAmed).