Amna Guellali, vicedirettrice regionale per il Nord Africa e il Medio Oriente di Amnesty International ha ricordato in una nota che "la Tunisia non ha eseguito alcuna condanna a morte dal 1991. L'annuncio del presidente a favore della pena di morte è scioccante e va contro la pratica decennale di non procedere a esecuzioni capitali. Kaïs Saïed è il primo presidente ad annunciare la sua intenzione di applicare condanne a morte in Tunisia".
Secondo Guellali, "la ripresa delle esecuzioni sarebbe un duro colpo per tutti i progressi nei diritti umani che il Paese ha registrato finora. "Esortiamo il Presidente tunisino a tornare senza indugio su questo annuncio preoccupante, che ritarderebbe e non migliorerebbe il bilancio della Tunisia in termini di diritti fondamentali. Chiediamo inoltre al governo di istituire immediatamente una moratoria sulle esecuzioni, in vista dell'abolizione della pena di morte". "Senza dubbio, - precisa Guelali - l'omicidio è un crimine atroce e gli autori di tali atti devono essere assicurati alla giustizia. Ma non importa quanto orribili siano i crimini commessi, non ci sono scuse per eliminare un essere umano".
L'omicidio che ha riacceso il dibattito al riguardo è quello della 29enne Rahma, scomparsa all'uscita dal lavoro e ritrovata senza vita la scorsa settimana vicino all'autostrada tra la capitale Tunisi e il quartiere residenziale di Marsa. Un sospetto, arrestato subito, ha confessato di averla uccisa e di averle rubato il telefono, secondo quanto riferito dal ministero dell'Interno.
La Tunisia dalla sua indipendenza nel 1956 ha eseguito 135 condanne, di cui 129 nel periodo del primo presidente della Repubblica Habib Bourguiba. Dal 1991 in poi non ne sono state più eseguite.
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