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Turchia: su pace con curdi scintille governo-Erdogan

partito islamico a rischio in vista politiche giugno

23 marzo, 19:05

(Di Francesco Cerri) (ANSAmed) - ANKARA, 23 MAR - A meno di tre mesi dalle cruciali politiche turche del 7 giugno, per la prima volta da quando è al potere nel 2002 il presidente islamico Recep Tayyip Erdogan è contestato all'interno del suo stesso partito e in rotta di scontro con il governo dell'ex 'fedelissimo' Ahmet Davutoglu.

Diversi analisti da tempo evocavano l'irritazione crescente di Dautoglu, premier da quando Erdogan in agosto è diventato capo dello stato, davanti alle continue ingerenze del presidente. Ora lo scontro è diventato pubblico. Il vicepremier e portavoce del governo Bulent Arinc ha bollato come "reazioni emotive" e "opinioni personali" le critiche mosse da Erdogan all'esecutivo sul processo di pace in Kurdistan, e gli ha ricordato che "in Turchia c'è un governo". Parole quasi inaudite in un paese da 13 anni governato con pugno di ferro dal 'sultano' Erdogan. Il sindaco di Ankara Mehli Gokcek, un suo fedelissimo, ha chiesto le immediate dimissioni di Arinc, accusato di essere 'agli ordini' dell'imam Fetullah Gulen, l'ex-alleato ora arci-nemico di Erdogan. La crisi è sintomatica della preoccupazione crescente in seno all'Akp davanti ai sondaggi che danno il partito sotto il 40%, contro il 50% del 2011. Con il 39% il 7 giugno il partito di Erdogan perderebbe la maggioranza assoluta in parlamento, e non sarebbe più in grado di governare da solo, senza soluzioni alternative chiare di coalizione. Sarebbe uno smacco molto duro per il presidente. Nel partito al potere le lacerazioni interne si fanno cosi sempre più forti, ha avvertito un editorialista vicino a Erdogan, Abdulkadir Selvi: "gli elettori votavano l'Akp perchè era simbolo di stabilità. Ora l'incantesimo è rotto".

Il presidente, in teoria super partes secondo la costituzione, è in piena campagna e ha chiesto agli elettori di dare al suo partito una ampia maggioranza assoluta per istituire un sistema super-presidenziale. Ossia, nelle sue mani, una "dittatura", traduce l'opposizione. I sondaggi indicano un'emorragia di voti Akp verso i nazionalisti del Mhp e i curdi del Hdp. Questi ultimi beneficiano del rilancio del processo di pace in Kurdistan. Il leader storico del Pkk Abdullah Ocalan sabato ha lanciato sabato un nuovo appello ai ribelli perchè rinuncino alla lotta armata, sulla base di una piattaforma in 10 punti concordata con il governo Davutoglu. Ma Erdogan si è messo di traverso. Ha prima dichiarato che non c'è più un 'problema curdo' in Turchia, poi ha criticato la strategia di Davutoglu, l'avvio di trattative dirette con il Pkk, avvertendo che prima di qualsiasi negoziato i ribelli devono deporre le armi. Tutti chiari messaggi volti a recuperare il voto nazionalista. Ma le tensioni fra il governo, che secondo la costituzione ha il potere esecutivo, e il capo dello stato, dal ruolo in teoria rimbolico ma che vuole dirigere il paese, si fanno sempre più forti. Erdogan vuole imporre a Davutoglu, formalmente leader Akp, i nomi dei candidati alle politiche, ha formato un suo 'governo ombra', attaccato la Banca Centrale facendo precipitare la lira, convocato e presieduto al posto del premier già due consigli dei ministri. Secondo Taraf Erdogan teme che dopo il voto Davutoglu dichiari una 'autonomia politica', e "lo rinchiuda" nelle 1.150 stanze del suo nuovo faraonico palazzo neo-ottomano di Ankara.(ANSAmed).

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