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Expo: Smirne dice addio a candidature, si proietta nel futuro

Dopo tentativi 'Perla Egeo' è delusa, ma è già città diversa

27 maggio, 11:25

Smirne, l'Asensor, torre con ascensore dalla cui sommità di vede vista mozzafiato della città Smirne, l'Asensor, torre con ascensore dalla cui sommità di vede vista mozzafiato della città

(di Cristiana Missori) (ANSAmed) - SMIRNE (TURCHIA), 27 MAG - Una metropoli in continua espansione, che negli ultimi cinque anni si è rifatta il look, investendo in infrastrutture e trasporti - ammodernando aeroporto, porto, migliorando il lungomare e realizzando piste ciclabili - costruendo un nuovo polo fieristico e ampliando la sua offerta accademica con nove atenei. E' la Smirne del 2015, quella che ha perso contro Milano nella corsa verso Expo, che per il 2020 si è vista superare da Dubai e che per il 2025 pare non abbia alcuna chance di competere con Parigi. Con quasi 4 milioni di abitanti, Izmir (e' il suo nome in turco) è la terza città della Turchia e seconda al mondo per crescita economica.

Malgrado il "gran rifiuto", la perla dell'Egeo continua a guardare al futuro, mal celando però il suo disappunto. Perché ospitare l'Esposizione universale, a quanto sembra, non è unicamente una questione di carte in regola. "Siamo un po' stanchi", confida ad ANSAmed il segretario generale dell'Agenzia per lo Sviluppo di Smirne, Murat Yilmazcoban. I fatti dimostrano che "non si tratta di essere pronti o meno. Le decisioni vengono prese attraverso altri canali". O meglio, su altri tavoli. Tutto sta nel sedere a quelli giusti. Un vero schiaffo per la Turchia di Erdogan che il 6 e 7 giugno affronterà il banco di prova delle elezioni parlamentari, come ricordano le centinaia di manifesti elettorali sparsi a ogni angolo di strada. "Non credo - sospira - che per il 2030 ci riproveremo". Negli ultimi anni, la città più aperta e cosmopolita della Turchia, lontana anni luce da Ankara, si è totalmente trasformata. La candidatura per Expo rappresenta infatti il suo alfa. E così, dopo il 2010 sono molte le opere milionarie realizzate: dal nuovo terminal domestico dell'aeroporto (inaugurato a marzo dello scorso anno e frutto di un investimento di 266 milioni di euro) al nuovo polo fieristico nel distretto di Gaziemir (un progetto da 150 milioni di dollari operativo da poco più di due mesi); dal potenziamento della linea metropolitana, del trasporto marittimo e su strada, al rifacimento della costa. Tutte iniziative che hanno consentito l'afflusso di capitali e investimenti misti pubblico-privati. Tradizionalmente attratte da Istanbul, negli ultimi anni anche le aziende italiane hanno iniziato a interessarsi a Smirne, che da inizio maggio ha collegamenti aerei diretti con Milano e Roma operati da Sun Express . Per ora sono circa una settantina quelle stabilmente presenti, in particolare nella zona di Manisa, come ricorda il console generale d'Italia, Luigi Iannuzzi. "Una tradizione che dura da secoli". Da cinque anni, a causa della crisi, in molti dall'Italia si sono trasferiti qui. "Perché assunti da imprese turche o negli atenei. Dirigenti d'azienda o docenti universitari, ma anche per motivi di cuore", racconta Simone Favaro, direttore de Il Nuovo Levantino, magazine on line nato proprio dall'esigenza di aiutare i nuovi arrivati, fornendo informazioni e raccontando loro la Turchia, ma anche facendoli conoscere e creando una rete. Oggi nella regione di Smirne gli italiani sono circa 1.100, su un totale di circa 4 mila in tutto il Paese. Fra loro ci sono anche alcuni artisti, come Alessandro Cedrone, direttore musicale del Teatro dell'Opera e del Balletto di Stato di Ankara, e Nicoletta Olivieri, direttore del coro del Teatro dell'Opera di Smirne, che spiega: "sono qui da soli quattro mesi. All'inizio, ambientarsi senza nemmeno parlare la lingua, non è stato facile". Malgrado nel suo coro vi siano molti uomini, assicura: "nessuna discriminazione tra uomo e donna. Una volta che ti riconoscono un valore professionale non ci sono più problemi di genere". A Smirne "ho avuto la possibilità di fare cose che in Italia, per una donna, è più difficile realizzare". In realtà, conclude, "mi aspettavo che in un Paese musulmano fosse esattamente il contrario".(ANSAmed).

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