(ANSA) - ROMA, 29 NOV - "I martiri non muoiono mai, Tahir
Elci è immortale". Scandendo queste parole, migliaia di persone
hanno dato oggi il loro ultimo saluto al leader degli avvocati
curdi freddato in un agguato a Diyarbakir. La bara di Elci -
avvolta nella bandiera rossa, gialla e verde - ha sfilato nelle
strade gremite della 'capitale' curda, ieri teatro di una
sparatoria che ha scioccato tutta la Turchia.
Ma oggi non è stata soltanto la giornata del dolore. Resta
infatti da chiarire se Elci fosse davvero l'obiettivo
dell'attacco oppure - tesi in qualche modo avallata dalle
autorità turche - se sia stato ucciso da una pallottola vagante
durante lo scambio di colpi tra polizia e killer.
Il primo ministro Ahmet Davutoglu ha assicurato che le
autorità stanno indagando, mentre il leader del partito
filo-curdo Selahattin Demirtas non ha dubbi e parla di un
"delitto politico".
Ma la rabbia dei curdi è già esplosa ed è sfociata ieri in
manifestazioni di protesta contro il governo di Ankara a
Istanbul e Diyarbakir, dove la polizia ha usato lacrimogeni e
cannoni ad acqua per disperdere la folla. Oggi al funerale di
Elci in molti hanno urlato slogan contro il presidente turco
Recep Tayyip Erdogan definito "assassino". "Il Pkk non è
un'organizzazione terroristica", si leggeva su uno degli
striscioni dei manifestanti. E, ancora, "Non ci arrenderemo. Il
Pkk è la gente e la gente è qui".
L'avvocato per i diritti umani era da tempo in prima linea
nei processi sugli arresti e gli omicidi di civili in Turchia.
Il mese scorso era finito in manette per alcune ore con l'accusa
di "apologia di terrorismo" dopo aver detto in una trasmissione
televisiva di non considerare il Pkk un'organizzazione
terroristica, come invece ritiene Ankara. "Anche se alcune delle
sue azioni si avvicinano al terrorismo - aveva sostenuto - il
Pkk è un movimento politico armato che ha delle serie
rivendicazioni e beneficia di un grosso sostegno popolare".
Dichiarazioni che gli erano valse diverse minacce di morte e
avrebbero potuto costargli fino a 7 anni e mezzo di carcere, ma
di cui non si era pentito: "Le mie parole non possono essere un
crimine".(ANSA).