(di Cristoforo Spinella)
(ANSAmed) - ISTANBUL, 7 FEB - Chi solo pochi anni fa fosse
andato in vacanza a Istanbul, oggi farebbe fatica a
riconoscerla. A piazza Taksim, cuore simbolico della megalopoli
che fu capitale di tre imperi, è quasi pronta un'enorme moschea,
sognata da Recep Tayyip Erdogan sin da quando era sindaco, un
quarto di secolo fa; dal lato opposto, il Centro culturale
Ataturk, occupato nel 2013 dai manifestanti antigovernativi e
icona per generazioni, è stato tirato giù, in attesa di essere
rifatto con gusti e finalità adeguate ai nuovi padroni della
Turchia. In mezzo, resiste assediato dal cemento - ma resiste -
il parco Gezi, simbolo del più grande successo dei movimenti
antigovernativi turchi di questi anni, uno dei pochi.
Perché altrove il modello Erdogan ha già cambiato
irrimediabilmente il volto della Turchia. Immense trasformazioni
urbanistiche da cui non si torna più indietro. Ponti e tunnel
sottomarini, centri commerciali e grattacieli spuntati come
funghi: è 'L'Oro della Turchia', come recita il titolo di un
dettagliato volume appena pubblicato dalla giornalista Giovanna
Loccatelli (Rosenberg & Sellier). Grandi opere che hanno
modificato gli spazi e i rapporti tra le persone, spostando
irrimediabilmente i centri del potere e gli equilibri urbani di
un Paese che - in caso di adesione futura, ma al momento arenata
- sarebbe il più popoloso dell'Unione europea (nel 2019 ha
superato gli 83 milioni di abitanti) e della sua città più
importante, per dimensioni ormai in corsa con Nuova Delhi più
che con Londra.
Islam e cemento, affari e nazionalismo, investimenti e
crescita a ogni costo, se necessario anche in debito: si
cambiano le città per cambiare la società. È questa la 'Nuova
Turchia' di Erdogan. Il libro di Loccatelli, reporter che per
anni ha vissuto e lavorato a Istanbul e ancor prima al Cairo
negli anni delle Primavere arabe, la racconta nel dettaglio,
descrivendo i maxi-progetti realizzati e quelli ancora in
cantiere, come il Canale di Istanbul che dovrebbe sostituire il
Bosforo e il terzo tunnel sottomarino per collegare le sponde
europea e asiatica. Tra giornalismo sul campo e analisi
sociologica, il volume focalizza l'attenzione sul "business
dell'edilizia che ha stravolto l'aspetto del Paese e il suo
tessuto sociale". Un racconto che si nutre anche di esperienze
personali, come quella del parto in un ospedale di Istanbul, per
rompere stereotipi sull'efficienza della sanità privata turca e
gettare una luce sull'importanza crescente del turismo medico -
dalle cure ortodontiche ai trapianti di capelli - che nel 2019
ha contributo al record di oltre 50 milioni di visitatori
dall'estero. Un progresso che però lascia spesso indietro chi
non riesce a stare al passo: "La classe media - scrive
Loccatelli - si è allargata", ma "il divario tra ricchi e poveri
è aumentato drammaticamente". Non manca una riflessione sulle
prossime sfide per Erdogan, a partire dalla convivenza con il
sindaco dell'opposizione Ekrem Imamoglu, che, pur provenendo da
una famiglia di imprenditori edili, sembra aver capito che per
marcare la differenza occorre puntare su un nuovo modello di
sviluppo e si è fatto quindi capofila della protesta contro il
Canale di Istanbul.
E inevitabilmente nel libro c'è uno sguardo a ciò che si è
perso, come ricorda in epigrafe il più grande fotografo turco,
Ara Guler, morto a 90 anni nel 2018: "A quel tempo nessuno
poteva immaginare quello che sarebbe successo, né i pescatori,
né i marinai, né la gente di Kumkapi. Io stesso non avrei mai
potuto immaginare che queste fotografie in bianco e nero
sarebbero diventate l'unica testimonianza di un mondo ormai
andato perduto". (ANSAmed).