La condanna dell'Unesco è stata immediata. La direttrice generale dell'organizzazione Irina Bokova si è detta "profondamente rattristata per la perdita di vite umane (sei i morti, nessuno armato né combattente) e per i danni inferti a uno dei più antichi gioielli dell'urbanismo islamico nel mondo".
Le ha fatto eco il presidente della Commissione nazionale italiana dell'organizzazione Giovanni Puglisi, sottolineando con forza "l'atipicità" di questa distruzione. Che non è opera, ha detto, dei "soliti briganti dell'Isis" ma di una coalizione che "per fare terra bruciata intorno ai terroristi distrugge un bene culturale di questa portata". "Un evento - ha commentato - molto più grave e più preoccupante degli altri", scaturiti da insensato fanatismo.
Il missile lanciato dai sauditi su Sanaa è arrivato all'alba nel cuore straordinario del quartiere Qasimi: migliaia di abitazioni che hanno più di 2.500 anni, un centinaio di moschee arabescate, hammam suggestivi dal fascino millenario. "Un rumore assordante, un sibilo terribile", hanno raccontato testimoni.
Poi però nessuna deflagrazione, nessun incendio. Le dimensioni del disastro avrebbero dunque potuto essere ben più pesanti: per caso infatti il missile non è esploso e ha raso al suolo solo gli edifici contro i quali si è schiantato. Anche il numero dei morti è relativamente basso: sei uccisi (quattro donne e due uomini sepolti sotto le macerie) mentre ieri, quando una bomba saudita ha centrato un autobus, sono bruciate vive più di 20 persone.
L'allarme lanciato oggi dall'Unesco non è il primo. Già in maggio aveva denunciato "seri danni" causati dai bombardamenti sulla Città Vecchia a Sanaa e aveva fatto appello ai belligeranti affinché "non coinvolgessero nella guerra il patrimonio culturale" dello Yemen. Richiesta che, dall'inizio dell'operazione araba a guida saudita (sunniti) contro gli sciiti Houthi lo scorso 26 marzo, non sembra comunque aver condizionato in alcun modo Riad.
L'obiettivo dell'Arabia Saudita è infatti quello di bloccare con ogni mezzo l'avanzata dei ribelli Houthi, che già dal settembre 2014 controllano la capitale e da lì hanno inanellato una serie di vittorie militari nelle vaste regioni del nord, dell'ovest e del centro. Anche a sud hanno poi cominciato a vincere ed è a questo punto che Riad, dove si è autoesiliato il presidente-amico Abd Rabbo Mansour Hadi, ha dato il via ai raid aerei. In poco più di due mesi più di mille civili, tra cui 234 bambini, sono morti sotto le sue bombe e un milione di persone inermi sono state costrette a fuggire dalle loro case.
(ANSAmed).