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Unioncamere, 385mila 'imprese verdi' con 13% occupati

Rapporto GreenItaly con Symbola, strategico il manufatturiero

Redazione ANSA

Un'impresa su 4 dall'inizio della crisi ha scommesso sulla green economy. Sono infatti oltre 385 mila le aziende italiane dell'industria e dei servizi, pari al 26,5% del totale, che dal 2010 hanno investito o lo faranno quest'anno, in tecnologie verdi per ridurre l'impatto ambientale, risparmiare energia e contenere le emissioni di anidride carbonica. Il tutto dando lavoro a 3 milioni di persone, il 13% del totale degli occupati. E' quanto emerge da GreenItaly 2016, il settimo rapporto di Fondazione Symbola e Unioncamere, presentato oggi a Roma.

Una quota che sale al 33% nel manifatturiero, dove l'orientamento green si conferma un driver strategico per il made in Italy, traducendosi in maggiore competitività, crescita delle esportazioni, dei fatturati e dell'occupazione. Nel manifatturiero il 46% delle imprese che investono in tecnologie verdi esporta, contro il 27,7% delle imprese non investitrici; il 35,1% delle imprese green ha aumentato il fatturato nel 2015 a fronte del 21,8% delle altre; il 33,1% ha introdotto innovazioni, contro il 18,7% delle altre.

Alla green economy, conferma il rapporto, si devono inoltre quasi 3 milioni 'green jobs', ossia occupati che applicano competenze 'verdi', il 13,2% del totale nazionale, destinata a salire ancora entro dicembre. Un'economia 'verde' grazie alla quale quest'anno, aggiunge il rapporto, arriveranno 249 mila assunzioni tra green jobs, pari al 44,5% della domanda di lavoro non occasionale. Quota che sale fino al 66% nel settore ricerca e sviluppo. Quanto al contributo dei green jobs al prodotto lordo del Paese per il 2015 dovrebbe essere pari a 190,5 miliardi di euro, il 13% del totale complessivo.

''Le imprese che hanno investito nel green e continuano a farlo - ha detto il presidente di Fondazione Symbola, Ermete Realacci - dimostrano che il nostro posto nel mondo non è quello della competitività a bassi prezzi ma della qualità, fatta di attenzione al capitale umano, di bellezza, innovazione e sostenibilità; investendo green - ha concluso - le aziende diventano più sostenibili e soprattutto più competitive e aprono un sentiero che va verso il futuro'' . Numeri del rapporto commentati con soddisfazione dal presidente di Unioncamere, Ivan Lo Bello. ''I dati dimostrano una volta di più che la scelta green paga - ha detto - questo modello di sviluppo si sta rivelando uno strumento prezioso per intercettare nuovi stili di consumo e di vita basati su una maggiore domanda di sobrietà, attenzione alla giustizia sociale e equità, stili emergenti che stanno portando verso un'accelerazione dell'economia circolare''. Il presidente di Unioncamere ha poi puntualizzato la connessione della greeneconomy con la digitalizzazione, due fronti sui quali le Camere di commercio sono fortemente impegnate.

''L'innovazione passa anche dalla digitalizzazione - ha ricordato - non è un caso le imprese green siano anche quelle maggiormente digitalizzate; basti pensare che 4 su 5 sono presenti sul web, hanno processi digitalizzati e puntano sulle digital skills, contro poco più della metà delle imprese non green''.

''Il settore ambientale sta diventando determinante per tutta l'economia e i numeri di oggi confermano questo trend, come anche la leadership in Europa dell'Italia'' ha detto il ministro dell'Ambiente, Gian Luca Galletti spiegando che ''nel pacchetto Industria 4.0 c'è una buona parte di settore ambientale, vuol dire che tutti quegli investimenti che vanno nel senso dell'economia circolare godono del super ammortamento del 250%; credo che sia una grande spinta agli investimenti verdi e vuole dire che tutto quello che è ricerca e sviluppo in campo ambientale è possibile per le aziende dedurlo non con il 5% ma con il 25%. Credo che sia uno strumento fortissimo per avviare dopo Parigi l'economia circolare nel nostro paese''.

Galletti ha poi ricordato che ''in questi anni il ministero dell'Ambiente è diventato sempre più traversale nella strategia del governo ma soprattutto è cambiata la cultura ambientale. Oggi - ha concluso - le aziende hanno capito che fare politiche ambientali conviene dal punto di vista economico e anche dal punto di vista commerciale visto che il consumatore dà sempre più importanza agli aspetti di produzione ambientale''.

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