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A Milano il romanticismo radicale di Valentino

A Milano il romanticismo radicale di Valentino

Pizzo da giorno nella fonderia invasa da fiori, sfila l'umanità

MILANO, 28 settembre 2020, 11:33

di Gioia Giudici

ANSACheck

Valentino - Runway - Milan Fashion Week S/S 2021 © ANSA/EPA

Valentino - Runway - Milan Fashion Week S/S 2021 © ANSA/EPA
Valentino - Runway - Milan Fashion Week S/S 2021 © ANSA/EPA

 Non un palazzo del centro ma una fabbrica dismessa e invasa di fiori, non modelle e modelli ma 66 persone prese dalla strada, ognuna con la sua fisicità e individualità per il romanticismo radicale di Valentino, che sfila per la prima volta a Milano anziché a Parigi.
Una scelta dettata dal Covid ma che per Pierpaolo Piccioli ha significato anche "l'opportunità per far vedere Valentino da una prospettiva diversa". Se Valentino è un marchio noto nell'immaginario collettivo, come "un paesaggio collettivo che tutti conoscono", "il mio lavoro come designer - riflette Piccioli - è mostrarlo dal mio punto di vista, mantenere i suoi codici dando loro un nuovo significato". E per farlo, il creativo ha voluto "lavorare con persone che rappresentano il mondo", scelte attraverso uno street casting, per raccontare "cosa significa il romanticismo oggi". E non si parla tanto di estetica, quanto di "individualità e libertà di espressione, di un approccio alla vita emozionale e non oggettivo".
Un nuovo romanticismo libero e personale che si appropria dei codici espressivi della maison per proporli in modo nuovo, adatto all'oggi: così il pizzo macramé passa dalla sera al giorno, per T-shirt e ciclista, per lui e per lei, o su giacche over portate su camicie altrettanto ampie che sono uguali, persino nella taglia, per uomo e donna, che indossano anche gli stessi shorts. Per capire il lavoro di 'risignificazione' - parola che torna più volte sulla bocca di Piccioli - basta pensare alla prima uscita della sfilata: il classico little black dress che diventa un super mini short dress, con gli short attaccati come una mini tutina. E poi i fiori: il lavoro è partito dall'indimenticabile abito giallo di Anjelica Huston ed è arrivato ai vestiti da sera ampi e leggerissimi e alle bluse portate con il jeans 5 tasche, un modello Levis fuori produzione che Piccioli ha voluto riproporre per lui e per lei. Sempre con il classico pantalone denim sono portate le nuove Stud dalle borchie ingrandite e le camicie con ruches e volant da alta moda, proposte in toni che vanno dall'avorio all'ebano, per abbinarsi a qualsiasi colore della pelle. "Volevo raccontare un Valentino nuovo e più inclusivo, - chiosa Piccioli - che abbraccia un'idea di libertà senza frontiere di genere, sesso e razza perché questo è il mondo oggi e io lo voglio raccontare".
Per questo, a chi gli chiede chi siano le persone scelte tra Parigi, Londra e Milano, Piccioli risponde che le loro sono "storie personali, come le nostre, non volevo caselle da riempire, inclusività è trattare le persone come persone e non come piccole caste". E per farlo, serve "empatia", l'unica chiave per "approcciare gli altri in maniera emozionale e autentica". Un principio valido oggi più che mai, in un momento in cui tutti hanno capito che "mostrarsi vulnerabili è un atto di forza, che si può essere romantici e assertivi". Un concetto rappresentato dai fiori che invadono la location e la collezione, "non come decoro ma come segno di forza". Così anche per gli abiti quasi onirici del finale, veli di chiffon colorato, con volants, ruches e strascichi che al loro passaggio alzano la polvere depositata dal tempo nell'ex fonderia Macchi, alla Bovisa, periferia nord di Milano, mentre Labrinth, artista techno britannico, con la sua voce accompagna in modo struggente la foto di una generazione stretta tra forza e fragilità.
Se Milano "è stata l'opportunità di valorizzare questo cambio di prospettiva", per il futuro "non so cosa faremo, non ci interessa pianificare ma reagire a modo nostro e in maniera autentica a ciò che succede, forse l'unico modo - conclude Piccioli - per affrontare questi momenti". 

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