"Gianni era un ribelle. Oggi non ce ne sono. Io ho avuto momenti duri, ho lottato per vincere e ho vinto": c'è tutto l'orgoglio di una donna straordinaria dietro le parole di Donatella Versace, primo volto femminile a conquistare la copertina di Icon, magazine maschile del Gruppo Mondadori, diretto da Michele Lupi. Proprio al direttore la vicepresidente della maison milanese si racconta nel nuovo numero in uscita il 9 gennaio, a pochi giorni dalla premiazione come Fashion Icon Award da parte del British Fashion Council e a quarant'anni dalla fondazione dell'azienda. A 20 anni dalla morte di Gianni Versace l'excursus della sorella scava in profondità nella sua vita, fatta di sfide, successi e rapporti con il top dello star system mondiale. Ma anche di momenti duri, capaci di segnare per sempre la storia di una persona: "Nella vita, certo, ho lottato contro cose che non andavano, che facevano male a me e alla mia famiglia" rivela Donatella Versace.
"Ho lottato per vincere. E ho vinto. Ma non rimpiango niente di quello che ho fatto. Certo, ho avuto un po' di problemi quando sono entrata in quel famoso rehab in Arizona. È merito di Elton John se sono andata fin laggiù: lui non si aspettava che dicessi subito sì, quella sera lui e mia figlia Allegra mi hanno messo davanti al fatto che così non si poteva più andare avanti: eravamo nel salotto di Gianni, e mi dissero: 'Tu adesso vai. Sei settimane dure. Lì sei solo un numero'. Però è stata un'esperienza che mi ha toccato molto, ho tenuto duro. Sono molto severi: se non segui quello che dicono alla lettera, ti mandano via dopo due giorni. Io mi son detta 'No, voi non mi mandate via: io ce la farò'".
Una sfida vinta grazie al carattere forte che Donatella vuole condividere con il ricordo del grande visionario Gianni, celebrato a 20 anni dalla sua scomparsa: "Gianni era un ribelle, era capace solo di grandi cose oppure niente. Ha sofferto molto agli inizi, perché il suo stile era quello: te lo sbatteva in faccia. Era molto anticonformista, quello che faceva non esisteva sul mercato, era molto criticato per le sue scelte così decise. Io l'ho sempre spinto a fare di più, non di meno. Ogni tanto aveva paura, e io gli dicevo 'Vai, è questo ciò che devi far vedere'. È stato un grande innovatore. Oggi grandi ribelli non ce ne sono. Ma per uno stilista è molto più difficile oggi, ci sono tante variabili. È un lavoro più complesso".