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La parità in Europa migliora ma piano, solo 6% di società è guidato da una donna

La parità in Europa migliora ma piano, solo 6% di società è guidato da una donna

Gender Diversity Index, passi avanti nel 2020, Italia è sesta

20 gennaio 2021, 14:06

di Alessandra Magliaro

ANSACheck

French government weekly cabinet meeting in Paris © ANSA/EPA

French government weekly cabinet meeting in Paris © ANSA/EPA
French government weekly cabinet meeting in Paris © ANSA/EPA

Le cose possono cambiare, ha detto il neo presidente degli Stati Uniti d'America Joe Biden alla cerimonia d'insediamento rivolgendosi a Kamala Harris, la prima donna alla carica di vicepresidente. Ma lentamente, perlomeno in Europa. L'indice di Gender Diversity in Europa, presentato oggi, ha risvolti incoraggianti perchè sull'uguaglianza di genere, sul gap tra i sessi qualcosa si muove. Ma la strada è obiettivamente lunga visto che sono appena 42, il 6%, le società dell’indice di borsa STOXX Europe 600 con a capo una donna e solamente in 130 (19%) è presente una donna che ricopre almeno una di queste funzioni: CEO, COO. È quanto emerge dallo studio europeo rilasciato oggi da EWOB, l’associazione no profit European Women on Boards di cui Valore D è membro, che ogni anno analizza la rappresentanza di genere nei consigli di amministrazione e nei vertici aziendali delle più grandi realtà europee, prendendo in esame 668 società europee.
L'Italia è al sesto posto per indice di Gender Diversity tra i paesi europei esaminati dallo studio - al top ci sono Norvegia, Francia, Gran Bretagna, Finlandia, Svezia - abbiamo il 37% di donne nei Cda (board of directors), il 22% di donne a capo di un cda e il 45% delle donne a capo dei comitati di controllo, addirittura su questo il paese è in testa alla classifica. Allo stesso tempo fuori dei consigli di amministrazione, il nostro paese è ancora lontano dall’essere bilanciato, infatti la percentuale di donne nei livelli esecutivi è solo del 17% contro il 33% della Norvegia e il 25% degli UK; inoltre in Italia solo il 4% delle donne sono CEO contro il 21% della Norvegia o il 15% dell’Irlanda.
Per molti paesi, Italia inclusa appunto, si rilevano notevoli miglioramenti rispetto all'edizione 2019 dell'Indice: il numero di società del campione con alta partecipazione delle donne alle decisioni è addirittura raddoppiato in un anno. Ora ci sono 87 società dove la quota di donne in tutti i ruoli dirigenziali è del 40% o più, e questo è un notevole miglioramento rispetto alle 47 del 2019.
I dati 2020 sono da inquadrare in un periodo come è noto difficile. Oltre alle conseguenze dirette sulla salute di COVID-19, la pandemia ha danneggiato il benessere e la conciliazione vita-lavoro di molti dipendenti esponendo anche molti a licenziamenti o disoccupazione temporanea con la cassa integrazione. Le donne sono state colpite duramente, dalla perdita di posti di lavoro ma anche dal maggiore stress di impegni familiari aumentati. Di conseguenza, le disuguaglianze nelle società sono aumentate. Allo stesso tempo, il 2020 è stato un anno di movimenti sociali e proteste che chiedono proprio di affrontare i divari. Sebbene questi movimenti si siano concentrati più specificamente sulle disuguaglianze legate all'etnia d'origine, hanno sollevato dibattiti ampi in merito all'inclusione e alla diversità nei luoghi di lavoro.
Quando si guarda alla partecipazione delle donne a leadership aziendale nelle società europee, il numero rimane basso. Ma non statico. Il rapporto ha preso in esame la partecipazione delle donne a corporate governance nelle più importanti società. In questa edizione 2020 vediamo, da un lato, che l'uguaglianza di genere nella leadership aziendale è ancora lontana dalla realtà: sono donne il 28% dei dirigenti d'azienda in dirigenti e ruoli non esecutivi nelle 668 società analizzate, e sono donne appena il 34% nei cda delle società analizzate. La situazione è peggiore a livello esecutivo dove le donne rappresentano solo il 17% di tutti i leader.
Le prime cinque aziende in classifica sono inglesi e svedesi, e le prime tre sono accomunate da una leadership perfettamente equilibrata (Gender diversity index = 1): al top l'inglese Assura, seconda la svedese Wihlborgs Fastigheter, terza l'inglese Grainger, quarte e quinte le svedesi Kinnevic B e Sweco B.
Secondo l’Unione Europa, la sotto rappresentanza femminile nei processi e ruoli decisionali dipende essenzialmente dalla perpetuazione di stereotipi di genere, dalla mancanza di un adeguato supporto alle donne e agli uomini per un corretto bilanciamento tra le proprie responsabilità familiari e lavorative, nonché dalla cultura politica e aziendale dominante nelle società. La Commissione europea, oltre alla promozione di diverse collaborazioni strategiche con governi, parti sociali, ONG e aziende, ha contribuito concretamente ad un maggiore equilibrio di genere nei consigli di amministrazione delle imprese: nel 2012 ha adottato una legislazione finalizzata all'aumento del 40% del numero di donne nei CdA delle aziende quotate in borsa.
“È grazie alla legge Golfo Mosca se oggi in Italia abbiamo migliorato la rappresentanza femminile nei Consigli di Amministrazione, ma la strada da percorrere è lunga. Ancora troppo esiguo il numero di donne ai vertici delle aziende nei livelli executive e CEO”, commenta Paola Mascaro, Presidente di Valore D.“Oggi più che mai è indispensabile promuovere lo sviluppo della leadership inclusiva creando una pipeline di talenti femminili. È un tema centrale per la progressione della nostra società, una leva indispensabile per la ripartenza, che non è pensabile affrontare lasciando indietro una parte del paese”, conclude Mascaro.

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