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Terapia paradontale, la qualità della vita

Terapia paradontale, la qualità della vita

Risponde il dottor Raffaele Cavalcanti, Tesoriere SIdP

ROMA, 30 giugno 2020, 18:32

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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La salute orale può influire sulla percezione della qualità di vita delle persone. In particolare, la parodontite, malattia infettivo-infiammatoria cronica che colpisce i tessuti che circondano gli elementi dentari, ovvero la gengiva e l'osso di sostegno, rientra in quelle patologie che possono avere un forte impatto sulla qualità di vita, con una importante implicazione di carattere sociale. Si manifesta attraverso alcuni sintomi come sanguinamento, gonfiore delle gengive, più raramente dolore, recessione gengivale, mobilità dentale e alitosi. I dati a disposizione indicano che, nelle sue forme più lievi, essa è presente nel 40%-50% della popolazione adulta e raggiunge il 60% nella popolazione sopra i 65 anni.
  

La parodontite, se non adeguatamente trattata, può provocare la perdita di uno o più denti, influendo negativamente sulla masticazone e sull’estetica, così come sulla capacità di parlare correttamente. con effetti sulla vita sociale, limitando la capacità di sorridere in pubblico e di stabilire relazioni, portando, in ultimo, a una progressiva perdita dell’autostima: aspetti, questi, tutti inevitabilmente legati alla serenità.
Vi è una relazione diretta tra il livello di gravità della malattia parodontale e l’impatto sulla qualità di vita, specialmente per quanto riguarda le forme più gravi della malattia e l’età di comparsa della stessa. Infatti, nella maggior parte dei casi, la parodontite inizia a dare le prime manifestazioni in un’età compresa tra i 30 e i 40 anni, periodo nel quale solitamente si sviluppa un’intensa attività sociale e lavorativa.
In ogni caso, il primo obiettivo della terapia parodontale è quello di arrestare la progressione della malattia.
Ciò avviene, in prima battuta, attraverso quello che viene definito “trattamento non chirurgico della parodontite”: ’eliminazione meccanica della placca batterica e dei depositi di tartaro localizzati sopra e sotto-gengiva. Permette, nella maggior parte dei casi, di mettere sotto controllo la malattia, cosicché i sintomi scompaiono o vengono notevolmente ridimensionati. Nei casi più gravi, può essere necessario eseguire delle terapie chirurgiche correttive che consentano di migliorare i risultati ottenuti tramite la terapia non-chirurgica. Tuttavia, poiché la malattia parodontale è una patologia cronica, alla fase di terapia attiva deve necessariamente seguire un programma, che va sotto il nome di “terapia di supporto”, ovvero di mantenimento della salute gengivale, mediante sedute di igiene orale a intervalli regolari, la cui frequenza viene calibrata in funzione delle caratteristiche specifiche di ciascun individuo.
I risultati di un recente studio sono molto significativi e confortanti relativamente ai benefici che la terapia parodontale non chirurgica ha rispetto alla qualità di vita dell’individuo: il suo miglioramento, infatti, mostra un picco circa 1 mese dopo il trattamento e tende ulteriormente a stabilizzarsi fino ad almeno 3 mesi. Il miglioramento dei parametri indagati nel questionario sottoposto ai pazienti nello studio citato, non si riferisce solo a quelli specifici dell’ambito parodontale, ma pone grande attenzione alla capacità masticatoria, al valore emozionale e sociale del sorriso e al grado di soddisfazione rispetto alla terapia eseguita. Attenzione del paziente e monitoraggio del dentista diventano, quindi, assolutamente necessari e sinergici per allungare il beneficio inizialmente ottenuto ben oltre i tre mesi.

 


   

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