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Trieste, città di luoghi reali e dell'anima

L'ultima fatica di Spirito, con il fotografo Crivellari

Redazione ANSA TRIESTE

TRIESTE -  Trieste città di luoghi fisici e luoghi dell'anima. Dunque, come un doppio e gigantesco puzzle, lo scrittore Pietro Spirito e il fotografo Massimo Crivellari, compongono un disegno reale e uno interiore associando tessere in un corposo e splendido libro dal titolo 'TRIESTE. UNA CITTA' E LA SUA ANIMA' (LEG, PP.251, 30 euro), appunto.

    Quelle reali sono in parte note: la bellezza commovente di piazza Unità d'Italia, la tragica suggestione della Risiera di San Sabba, unico lager nazista in Italia, la forza del Castello di San Giusto, tanto per fare dei nomi. In parte, sono tracce di vita quotidiana, poiché il libro, nonostante le toccanti foto, non è un itinerario turistico né una radiografia della città, quanto una nuova tappa nel percorso di ricerca che Spirito ha intrapreso tempo fa nella "sua" Trieste della quale continua a evidenziarne spigoli ed emozioni, a scovarne nuove angolature e luoghi. Il capoluogo giuliano non è Chicago tuttavia non difetta né di estensione geografica - ben più ampia dei 200 mila abitanti che la abitano - né tantomeno di profondità storica. Da quest'angolo di mondo, appollaiato sulla gobba dell'Adriatico, è passata tutta la Storia recente, quel centinaio di anni che cominciano nella Sarajevo del doppio attentato dell'arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono d'Austria-Ungheria, e sua moglie Sofia nel 1914, fino alla Sarajevo assediata durante la mattanza balcanica. E' la vita dell'Europa, che ha trafitto quest' area come una freccia.

    Le tracce di vita quotidiana non si velano di belletto, né Spirito si lascia adulare dall'edulcorazione: sono il difficile quartiere Rozzol Melara, l'impianto siderurgico Ferriera di Servola, i mercati.
    Poi, ci sono i luoghi dell'anima. Come la Bora: semplicistico definirlo vento, per chi abita da queste parti, si tratta di un soffio che attraversa le persone, ne pervade l'anima depositandovi qualcosa e trascinandone via altre. Oppure come "La città dei collezionisti". Perché Spirito e Crivellati intercettano e raffigurano quella irresistibile pulsione tipicamente triestina per l'accumulo, spesso indifferenziato.

    Che si tratti di divise militari - e tante e diverse ne sono state indossate in quest'area - di monete, modelli navali, armi, forse nel necessario bisogno di salvare dall'oblio, di avere a portata di mano - rassicurante - il proprio passato e quello degli altri. E' un luogo dell'anima 'La città delle osmize', sorta di austriaci agriturismi ante litteram dove da secoli e per chissà quanto tempo ancora, si possono mangiare, servendosi di stuzzicadenti, i prodotti della famiglia di contadini e di viticoltori che aprono agli avventori per non più di 15 giorni all'anno, secondo una turnazione stabilita: salumi, vino, uova sode, cetrioli, pane, formaggi.
    Nella corposa produzione letteraria di Spirito, dopo il mondo del mare (scritto e foto), dopo il mare visto da sotto con i suoi fondali, e dopo Trieste per stranieri e non solo, e ora questo elegante Trieste, difficile comprendere in che direzione proseguirà la sua ricerca. O peggio, quando finirà. Perché, come ogni scrittore di riguardo, curiosità e inquietudine si corrispondono.
   

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