STRASBURGO - Nel 2014 l'Italia, per la prima volta, è riuscita a ridurre sensibilmente il numero dei ricorsi pendenti a Strasburgo contro l'operato delle sue diverse amministrazioni. In pochi mesi, esattamente tra agosto e dicembre dell'anno scorso, il nostro Paese è passato da 17.300 cause pendenti a 10.087.
Il dato è contenuto nel rapporto annuale della Corte europea dei diritti umani presentato oggi. Per ritrovare l'Italia sotto la quota dei 10.500 ricorsi bisogna risalire al 2010, ma quella registrata lo scorso anno è la prima inversione di tendenza rispetto al costante aumento delle cause italiane fatto segnare nel corso della storia della Corte.
All'origine della notevole diminuzione dei casi pendenti registrata in soli cinque mesi ci sono essenzialmente due cause.
Innanzitutto, la Corte ha dichiarato inammissibili quasi tutti i ricorsi ricevuti per il sovraffollamento carcerario dai detenuti italiani. Inoltre, ha radiato 3.522 ricorsi concernenti il ritardo dei pagamenti degli indennizzi per la lunghezza dei processi dovuti in base alla legge Pinto dopo aver scoperto irregolarità nell'operato dei due avvocati che avevano patrocinato le iniziative legali. La diminuzione del numero ricorsi è però l'unica buona notizia del 2014 per l'Italia. Il nostro Paese, dopo aver guadagnato lo scorso agosto il primo posto per numero di ricorsi in esame davanti ai giudici di Strasburgo, è adesso al secondo alle spalle dell'Ucraina (13.635). Al terzo posto c'è la Russia con 9990 ricorsi, seguita dalla Turchia che ne ha 9.488. Inoltre nonostante i successi ottenuti sul fronte del sovraffollamento carcerario e dei reclami contro l'applicazione della legge Pinto, l'Italia - si osserva a Strasburgo - non ha ancora completamente risolto ne' queste due questioni, ne' altre, come quella del sangue infetto, delle espropriazioni, o quella legata a tagli o modifiche dei criteri di calcolo delle pensioni.