Da Parigi fonti del governo francese, secondo il sito 'politico.eu', osservano che "se si dice che ci saranno due diversi set di regole finanziarie, significa che la Ue si divide in due, una delle parti sarà più vantaggiosa ed il capitale vi si trasferirà". Già ieri il deputato 'dem' Nicola Danti, amico personale del premier Matteo Renzi, valuta che "bisogna fare di tutto" per evitare la Brexit avvertendo però che "la Ue non può mettere la retromarcia" e mettendo in guardia che le proposte messe sul tavolo da Tusk "rischiano di avere conseguenze ancora più pericolose per la Ue" della stessa uscita di Londra. Ed oggi gli europarlamentari del Partito socialista francese di Hollande annunciano di "non essere disposti a pagare qualsiasi prezzo per la 'Bremain'", denunciano il rischio di "subdola riscrittura" del Trattato di Lisbona, promettono "grande vigilanza" sul welfare e considerano "una linea rossa invalicabile" il fatto che l'accordo deve "garantire a tutti gli stadi" che Londra non potrà mai porre il veto se l'Eurozona vorrà approfondire l'integrazione.
Le inquietudini maggiori, come è già stato per la crisi dei migranti, vengono tuttavia da est. "Discriminazione" è la parola usata dal ministro per gli affari europei polacco, Konrad Szymanski, per descrivere il blocco graduale per quattro anni inserito nella proposta. "Non possiamo accettare discriminazioni in Europa e poi Cameron offre qualcosa agli euroscettici anti-immigrazione? Le prime tre richieste del Regno Unito (su governance economica, competitività e sovranità) sono accettabili, la quarta è il problema" ha detto Szymanski a 'politico.eu', aggiungendo che Londra "ha diritto di organizzare al meglio il suo mercato del lavoro, la questione è la discriminazione".
Su linea analoga il ministro degli esteri lituano, Linas Linkevicius, che dà un giudizio genericamente "positivo" ma osserva che "se l'accordo odorasse di discriminazione sicuramente non sarebbe buono". Ed il collega ceco, Tomas Prouza, si è detto "preoccupato" che il via libera a Cameron può significare che tutti i lavoratori che vorranno trasferirsi in Gran Bretagna "per i prossimi sette anni" dovranno aspettare 4 anni per vedersi riconosciuta la parità di diritti con i lavoratori britannici. "Il meccanismo di salvaguardia è accettabile, il dibattito cruciale sarà la durata della riduzione della libertà di movimento".
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