Dopo il rapporto presentato dalla Commissione Ue lo scorso 6 maggio, che individua l'impatto sui diversi settori economici dell'indicazione di provenienza per garantire la sicurezza dei prodotti, la presidenza lettone ha lavorato su un possibile compromesso partendo dai risultati. Questi identificano, sui sei settori presi in esame (giocattoli, arredamento, elettronica di consumo, tessile, calzature e ceramiche), benefici chiari solo per gli ultimi due. L'Italia punta a tutti ad eccezione dei giocattoli, ma se anche passassero solo calzature e ceramiche sarebbe un risultato rilevante in quanto verrebbe per la prima volta affermato il principio dell'identificazione dell'origine dei prodotti venduti in Europa (Ue o extra Ue), così come del resto già avviene in Cina e negli Stati Uniti. Nel compromesso avanzato da Riga, c'è anche una revisione delle norme, che potrebbero in futuro poter eventualmente essere gradualmente estese anche ad altri settori. La partita viene giocata da Roma su tutti i tavoli. Secondo quanto si è appreso, il premier Matteo Renzi ne ha parlato con la cancelliera Angela Merkel che, pur avendo ribadito la contrarietà di Berlino, ha assicurato che in caso di accordo politico tra i 28 non sarà lei a bloccarlo. E il ministro allo sviluppo economico Federica Guidi ne dovrebbe parlare ancora domani con il collega tedesco Sigmar Gabriel. A Bruxelles, intanto, alla riunione odierna degli 'sherpa' la Polonia, finora contraria, ha dato il suo sostegno al varo di un compromesso la prossima settimana indebolendo così in modo significativo il fronte degli irriducibili contrari che però può ancora contare su Gran Bretagna, Svezia, Danimarca, Belgio, Olanda e Irlanda. La presidenza lettone ha comunque deciso di fare il tentativo, inserendo all'ordine del giorno della riunione di giovedì prossimo, un dibattito pubblico sul tema con l'obiettivo di raggiungere un'intesa su un approccio generale.
L'Italia resta determinata a portare a casa il dossier e come 'ultima ratio' potrebbe anche minacciare di bloccare tutto il pacchetto se l'articolo 7 relativo al 'made in' - che ha ricevuto il sostegno di Europarlamento e Commissione Ue - non dovesse passare o essere eliminato dal provvedimento come continuano a chiedere i Paesi contrari.
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