Dopo un primo tentativo di accordo amichevole andato a vuoto sull'ammontare delle compensazioni economiche, la Timoshenko ha infine accettato la proposta del governo di una dichiarazione a suo favore. Dichiarazione che a Corte di Strasburgo ha ricevuto il 7 maggio 2014. Nella dichiarazione il governo guidato da Arseni Iatseniuk, ex delfino di 'Iulia', ha ammesso che "il processo penale contro Timoshenko è stato politicamente motivato", come denunciato più volte da numerosi osservatori internazionali, e ha riconosciuto tutte le violazioni della convenzione europea dei diritti dell'uomo inserite nel suo ricorso. Tra queste, il diritto a un equo processo e quello a non essere condannati per un'azione o un'omissione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o quello internazionale. Ma anche la violazione del diritto della a non essere sottoposti a trattamenti degradanti e inumani, al rispetto della vita privata e familiare e alla libertà d'espressione. Infine Kiev ha informato la Corte di Strasburgo delle varie misure prese per rimediare alle violazioni commesse nei riguardi di Iulia Timoshenko. La Corte tuttavia non ha specificato nella sua decisione quali siano queste misure né si è impegnata su concreti indennizzi economici. Si sa solo che la Timoshenko ha alla fine accettato con una lettera giunta alla Corte il 10 giugno 2014 quanto offerto dal governo di Kiev.
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