Di fare la "stampella" a Milano,
non ne aveva nessuna intenzione. Ed anche ora che il capoluogo
lombardo ha ottenuto le Olimpiadi, in accoppiata con Cortina,
Chiara Appendino non cambia idea. "Mi sono spesa tantissimo e ho
lottato come un leone per candidare Torino con le sue valli -
ricorda la sindaca - Ma c'era incertezza, e continua a esserci,
dal punto di vista finanziario. La città non era interessata a
entrare nella cogestione di un evento". "Scuse inaccettabili"
per le 'madamin' che, dopo quella per la Tav, sposano la
battaglia per le Olimpiadi. E domani sera tornano in piazza con
Mino Giachino, l'altro paladino della Torino-Lione, per chiedere
che "Torino non venga esclusa".
La sindaca Appendino incontrerà domani mattina il governatore
Alberto Cirio per mettere a punto il dossier che verrà inviato a
Roma. Un documento che mette nero su bianco la disponibilità
degli impianti piemontesi per l'evento del 2026. "Siamo a
disposizione come è giusto, ma Torino deve guardare avanti, ci
si deve rimboccare le maniche", sostiene ricordando
l'assegnazione a Torino, dal 2021 per cinque anni, delle Atp
Finals.
"Quando le Atp finiranno le Olimpiadi inizieranno e questi
due territori dovranno certamente collaborare. I nostri impianti
ci sono, vedremo". Le possibilità che il Piemonte torni in gioco
sembrano però ridotte al lumicino: "La porta è chiusa", dice il
sindaco di Milano, Giuseppe Sala, mentre il presidente della
Regione Veneto, Luca Zaia, bolla l'ipotesi come "difficile, se
non impossibile improbabile".
Tra i pentastellati torinesi sono pochi quelli che si
strappano i capelli. "La vera vittoria sarebbe arrivata prima di
tutto vincendo la sfida interna con Torino. Spiegando perché
un'Olimpiade diffusa su un raggio di 400 km sarebbe stata
preferibile a chi poteva vantare impianti e sostenibilità
ambientale - dice la capogruppo Valentina Sganga - Non c'è
niente da festeggiare".
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