(ANSA) - NAPOLI, 5 GIU - Il Mediterraneo ha visto una
crescita del traffico merci del 123% negli ultimi 13 anni e oggi
ospita il 19% del traffico navale mondiale, una quota del 4% in
più rispetto al 2005. Questi alcuni dei dati emersi oggi dal
secondo rapporto annuale di Srm, Studi e Ricerche per il
Mezzogiorno, sulla "Italian Maritime Economy", che prende in
esame i dati dei traffici che interessano l'Italia e il
Mediterraneo.
"Dal rapporto - spiega Massimo Deandreis, direttore generale
di Srm - emerge l'importanza della filiera dell'economia del
mare da intendere non solo con gli operatori di mare ma anche
con tutto quello che sta a terra, dalla portualità, alla
retroportualità, alla logistica e alla cantieristica. Se
guardiamo tutta la filiera parliamo di almeno 45 miliardi di
valore aggiunto di pil l'anno generato. Si parla quindi di una
grande forza all'interno della quale il Mezzogiorno ha un peso
rilevante, intorno al 45% del totale".
Il rapporto è stato presentato nell'ambito del convegno "Nuove
rotte per la crescita del mezzogiorno" nella sede del Banco di
Napoli: "Ci sono molti nodi - spiega Deandreis - che emergono, a
partire dalla portualità che necessita di essere ammodernata
secondo le nuove tendenze come il gigantisamo navale ma anche il
fatto che l'Italia è stretta tra il Nord Europa e i porti del
Sud del Mediterraneo che sono emergenti. Resta il fatto che se
si capisce l'importanza di questo settore si può usarlo come
elemento di rilancio del Mezzogiorno".
I dati del rapporto sottolineano come l'Italia sia il primo
Paese Ue per trasporto merci in Short Sea Shipping nel
Mediterraneo con 204,4 milioni di tonnellate e terza in Europa
per traffici gestiti (460 mln di tonnellate) e che i porti del
Sud Italia movimentano il 45,7% del traffico container e il 47%
del traffico merci. L'Italia conserva quindi un importante
patrimonio infrastrutturale e imprenditoriale che mantiene una
posizione di rilievo nel Mediterrano ma va però migliorato sotto
il profilo della competitività, perché attraversa una fase di
stallo. "Negli ultimi dieci anni - spiega Maurizio Barracco,
presidente del Banco di Napoli - il Mediterraneo ha aumentato
moltissimo i suoi traffici e li aumenterà ancora con l'apertura
del secondo Canale di Suez. Napoli ma non sol, tutti i porti
italiani stanno a guardare eppure questa è un'occasione unica di
crescita. Purtroppo a Napoli non abbiamo un presidente del porto
da sei anni, spero che la politica si risvegli".
Tre di driver strategici indicati dal rapporto per il
rilancio dei porti italiani: una integrazione infrastrutturale e
intermodale, l'attrazione di investimenti dall'estero con le
"free zones" e la messa al cenro dell'agenza politica di
investimenti la logistica nel Sud. Uno dei fattori di
competività dei porti è nella capacità di attivare meccanismi
intermodali: secondo lo studio una mega nave da 20.000 teus che
attracca può attivare meccanismi moltiplicativi verso altri
mezzi di trasporto coinvolgendo 14 treni, oltre 1.000 automezzi
e altri 12 mezzi navali.
"La portualità - ha detto il presidente del Cnr Luigi
Nicolais - non è più quella di cento anni fa, c'è
l'intermodalità, i trasporti via terra, i sistemi che rendono
competitivo un porto piuttosto che un altro. I nostri porti
devono guardare all'innovazione a un cambio di mentalità: se non
capiamo che bisogna lavorare in stretta connessione non siamo
competitivi: Napoli, Salerno, Civitavecchia in una dimensione
globale sono piccolissimi, se non operano in rete è impossibile
pensare di competere nel mondo".
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