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2020 'anno della pandemia' anche in Europa Centro Orientale

Stravolgimenti politici e conferme assetti di potere esistenti

29 dicembre, 12:59
(di Stefano Giantin) (ANSA) - BELGRADO, 29 DIC - "L'anno del virus", anche a Est e nei Balcani. Sarà ricordato così, il 2020, in una regione che, dopo aver superato relativamente con pochi danni la prima ondata primaverile, a partire dall'estate e soprattutto in autunno ha conosciuto una dura recrudescenza dei contagi e un forte aumento dei decessi. In totale, fino a metà dicembre i casi complessivi nell'area sono stati più di sette milioni, oltre 140mila i decessi. Ma un barlume di speranza si è riacceso in questi giorni, con la distribuzione delle prime dosi di vaccino.

Il 2020 si era aperto con le dimissioni in Macedonia del Nord del premier socialdemocratico Zoran Zaev, una procedura obbligata in vista del voto anticipato in programma il 12 aprile, poi rinviato a luglio a causa della pandemia. I socialdemocratici di Zaev si sono poi aggiudicati 46 seggi su 120 al parlamento di Skopje, i conservatori solo 44. Sempre a gennaio, il socialdemocratico Zoran Milanovic, ex premier ed esponente del centrosinistra unito, ha vinto le elezioni presidenziali in Croazia, conquistando al ballottaggio il 52,7% dei consensi. Nello stesso mese, in Austria, ha giurato il nuovo governo austriaco, il "Kurz bis", il primo con una rappresentanza dei Verdi nella maggioranza. Quasi in contemporanea, in Slovenia, il premier in carica Marjan Sarec ha annunciato a sorpresa le sue dimissioni, affermando che il governo "non è stato in grado di attuare riforme radicali o strutturali con questi alleati" e chiedendo di conseguenza elezioni anticipate.

Elezioni che hanno visto prevalere il conservatore Janez Jansa, divenuto a marzo per la terza volta capo del governo a Lubiana.

Il mese prima, in Kosovo, il parlamento di Pristina aveva votato la fiducia al nuovo governo guidato da Albin Kurti, leader del movimento Autodeterminazione. Governo che è durato lo spazio di un mattino. Già in piena emergenza per la pandemia, Kurti ha assistito in parlamento a Pristina alla presentazione di una mozione di sfiducia all'esecutivo su iniziativa di uno dei due partiti della sua coalizione. A giugno, ad assumere la massima carica è stato così un nuovo premier, Avdullah Hoti. A dicembre, la Corte costituzionale a Pristina ha tuttavia annullato il voto col quale lo scorso 3 giugno il parlamento aveva dato la fiducia con un solo voto di maggioranza al suo governo, spianando la strada al voto anticipato. Il 2020, in Kosovo, sarà ricordato anche per l'uscita di scena del presidente ed ex leader dell'Uck Hashim Thaci, dimessosi alla notizia della conferma delle accuse di crimini di guerra mosse nei suoi confronti. Thaci è successivamente comparso dinanzi ai giudici del Tribunale speciale dell'Aja, professandosi non colpevole.

Sempre a giugno, il Partito del progresso serbo (Sns, conservatore) guidato dal presidente Aleksandar Vucic ha vinto con larghissimo margine le elezioni parlamentari e amministrative organizzate in Serbia, boicottate dai maggiori partiti d'opposizione che accusano Vucic e l'esecutivo di governare in maniera sempre più autoritaria. Nello stesso mese, i conservatori del primo ministro Andrej Plenkovic si sono imposti nelle elezioni legislative in Croazia, svoltesi nel pieno di una nuova ondata epidemica e a pochi mesi dal disastroso terremoto che ha colpito Zagabria, provocando gravi danni alla capitale. Dopo quattro mesi dalle ultime elezioni politiche, il Parlamento serbo ha poi votato a ottobre la fiducia al nuovo governo guidato ancora una volta dalla premier uscente Ana Brnabic.

L'estate, nella regione, è stata segnata dalle controverse elezioni presidenziali in Bielorussia, stravinte, pur essendo viziate dai sospetti di brogli, dal presidente Aleksandr Lukashenko, uno scenario che si è tradotto in proteste di massa nel Paese a sostegno della candidata d'opposizione Svetlana Tikhanovskaya, spesso soffocate con la violenza. Sempre ad agosto, il Partito democratico dei socialisti del presidente Milo Djukanovic, saldamente al potere da quasi 30 anni in Montenegro, ha vinto di misura le elezioni parlamentari, perdendo però la maggioranza in parlamento, dopo che le principali forze di opposizione erano riuscite ad allearsi. Solo a dicembre il parlamento montenegrino ha votato la fiducia al nuovo governo guidato dal neopremier Zdravko Krivokapic, uno dei leader delle forze di opposizione.

Altre elezioni, quelle presidenziali tenutesi in Moldavia a novembre, hanno invece visto prevalere l'ex primo ministro europeista Maia Sandu, sconfiggendo il presidente uscente filo-russo Igor Dodon. A dicembre, il premier moldavo Ion Chicu ha annunciato le sue dimissioni. Nella vicina Romania, sempre a dicembre il Parlamento ha votato la fiducia al nuovo governo di centrodestra guidato dal premier Florin Citu, economista liberale di 48 anni, già ministro delle finanze nel governo uscente di Ludovic Orban. Anche per lui, come per tutti i leader della regione e non solo, la sfida sarà contenere l'epidemia. E ridare nel 2021 slancio a un'economia azzoppata dal virus.

(ANSA).

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