"Per l'Italia i Patti significarono la fine di quella sorta di 'secessione morale' dei cattolici dalla vita politica, seguente alla questione di coscienza insorta dopo i fatti di Roma capitale. Da quel momento la Chiesa ed i cattolici hanno assicurato al Paese un impegno grande, generoso, incisivo, diffuso, nell'alimentare il corpo sociale di valori, nel sostenere i grandi princìpi su cui si è ricostruita la casa comune degli italiani dopo il secondo conflitto mondiale, nell'intervenire ampiamente nel cosiddetto terzo settore, in specie nei campi dell'educazione e dei servizi sociali, nel concorrere a farsi carico delle molteplici forme di emarginazione e delle nuove povertà che lo sviluppo della società pure reca con sé". Lo scrive l'Osservatore Romano, nell'edizione di domani, 11 febbraio, in un editoriale che ricorda l'anniversario della firma dei Patti Lateranensi.
"Più in generale si può osservare che a partire dai Patti lateranensi, Trattato e Concordato, si è sviluppato uno stile di rapporti tra le due sponde del Tevere caratterizzato da lealtà, cordialità, collaborazione nella distinzione delle sfere di competenza, sana laicità, solidarietà nelle emergenze che di tanto in tanto hanno messo alla prova la società", rileva il giornale vaticano. Uno stile di rapporti "che è stato esperienza e diventato consuetudine, prima di essere addirittura consacrato nell'art. 1 dell'Accordo di revisione del 1984". Questo infatti nella riaffermazione dell'indipendenza e sovranità di Stato e Chiesa ciascuno nel proprio ordine, impegna peraltro ambedue "al rispetto di tale principio nei loro rapporti ed alla reciproca collaborazione per la promozione dell'uomo e il bene del Paese".
Guardando al corso lungo degli eventi "entrambe le Parti possono rilevare, con soddisfazione, che l'esperienza italiana è progressivamente divenuta paradigmatica per molte convenzioni stipulate dalla Santa Sede con Stati, il che appare eloquente circa la bontà delle scelte compiute. Ma soprattutto entrambe le Parti possono trovare, nella detta esperienza, incoraggiamento e stimolo per affrontare e risolvere, secondo lo stile affermatosi e con lo spirito relativo, le questioni nuove che il divenire del tempo e della società può far sorgere in quella che - per usare parole con cui Arturo Carlo Jemolo chiudeva la sua nota opera - è l''eterna storia dei rapporti tra umano e divino'".