(ANSA) - REGGIO CALABRIA, 25 GEN - La crisi pandemica ha
lasciato il segno sul mercato del lavoro della provincia di
Reggio Calabria: sono stati quasi diecimila, nonostante il
blocco dei licenziamenti imposto dal Governo - rileva la Camera
di Commercio reggina - i posti di lavoro pari a -6,6% rispetto
all'anno precedente, persi nel solo primo semestre del 2020 nel
territorio della città metropolitana.
Una dinamica senza dubbio preoccupante che, tuttavia, appare
leggermente migliore di quella media regionale, dove la
variazione si è attestata al -8,2%.
"Nonostante le misure a contrasto degli effetti economici
della pandemia - afferma il presidente dell'ente camerale
Antonino Tramontana - abbiano in parte mitigato il quadro
operativo del mercato del lavoro reggino, già nei primi mesi del
2020 abbiamo riscontrato una perdita di quasi diecimila posti di
lavoro. Una contrazione che, con ogni probabilità, sarà
ulteriormente acuita dal contesto tutt'altro che favorevole
sperimentato durante la seconda metà dell'anno. Appare quanto
mai necessario sostenere le nostre imprese per il 2021 e gli
anni futuri perché solo facendo ripartire gli investimenti si
potranno ricreare le condizioni per una ripresa delle
assunzioni".
"Anche il tasso di occupazione, come confermato dai dati
Istat - è detto in un comunicato - subisce una battuta di
arresto, con solo il 37% della popolazione attiva compresa tra i
15 e i 64 anni che dichiara di essere impiegata. Un valore di
2,2 punti percentuali inferiore rispetto a quello di fine 2019
che colloca l'area metropolitana reggina 2,1 punti al di sotto
della media regionale e oltre venti punti al di sotto di quella
italiana. La debolezza del mercato del lavoro derivante dalle
numerose restrizioni imposte dal Governo all'attività d'impresa
ha influito anche sull'orientamento dei senza lavoro a cercare
un impiego. Il tasso di attività, infatti, diminuisce del 12,9%
rispetto al 2019, il che si traduce in circa 23 mila persone in
meno che so-no occupate o alla ricerca attiva di un impiego. Ciò
determina un effetto positivo sulla disoccupazione, calcolata
come numero di persone non occupate alla ricerca attiva di un
lavoro. Posto in questi termini, non stupisce che il tasso di
disoccupazione migliori, portandosi dal 18,9% del 2019 al 13,1%
del primo semestre del 2020. Ciò non accade per i più giovani,
con il tasso specifico riferito alla popolazione 15-24 anni in
aumento di oltre 7 punti percentuali".
A confermare il clima recessivo in atto sul fronte del lavoro
ci sono gli esiti di un' indagine Unioncamere-Anpal, sulle
previsioni dei fabbisogni occupazionali delle imprese. "Il 61,4%
delle imprese con almeno un dipendente, secondo i dati emersi -
è detto ancora nel comunicato - si trova ad operare a regime
ridotto rispetto ai livelli pre-emergenza, mentre solo il 35,3%
delle imprese svolge le proprie attività a regimi simili a
quelle pre-Covid. Ne consegue che, nonostante la maggior parte
(il 77,4%) abbia dichiarato un andamento occupazionale stabile
nel secondo semestre 2020, esiste comunque un quinto di
intervistati che dichiara di voler ancora procedere sulla linea
di riduzione della forza lavoro impiegata". (ANSA).