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Scurati, la solitudine del potere in mio secondo 'M'

Scurati, la solitudine del potere in mio secondo 'M'

Chiude Pordenonelegge con secondo volume della trilogia

PORDENONE, 21 settembre 2020, 19:16

Mauretta Capuano

ANSACheck

Lo scrittore Antonio Scurati - RIPRODUZIONE RISERVATA

Lo scrittore Antonio Scurati - RIPRODUZIONE RISERVATA
Lo scrittore Antonio Scurati - RIPRODUZIONE RISERVATA

La solitudine di Mussolini, la distanza tra l'uomo pubblico e quello privato. Antonio Scurati in 'M. L'uomo della provvidenza' (Bompiani) - la seconda parte della fortunatissima trilogia aperta da 'M. Il figlio del secolo' con cui ha vinto il Premio Strega 2019, ha venduto mezzo milione di copie ed è stato tradotto in 40 paesi - ci racconta gli anni dell'apoteosi del fascismo e la consapevolezza dello stesso Mussolini di non poter mantenere le promesse.
    "C'e un duplice racconto di Mussolini, un po' schizzoide. Da una parte la proiezione dell'immaginario collettivo, l'uomo pubblico, del Film Luce, della propaganda, delle mille statute, una sorta di idolo. Dall'altra però approfondisco le sue solitudini. Racconto la solitudine assoluta del potere, che è vera per ogni forma di potere ma in particolar modo per Mussolini perchè lui mano a mano che procedeva verso la dittatura fece il vuoto intorno a se. Sacrificò con grande spregiudicatezza i compagni di squadra e di lotta ogni volta che gli fece comodo. Allontanò qualsiasi persona che potesse vantare qualsiasi forma di amicizia con lui" dice all'ANSA Scurati.
    "C'e' una scena tra le più melodrammatiche, patetiche o commoventi del libro, quando lui liquida in maniera brutale anche Margherita Sarfatti che era stata l'unica donna che aveva veramente contato nella sua vita. Rimane in una sorta di perfetta solitudine che sarà anche quella dell'Italia. Quando il destino di un Paese dipende da un solo uomo diventa necessariamente un destino funesto" spiega lo scrittore che collaborerà anche alla serie tv tratta da 'M'.
    'M.L'uomo della provvidenza' lascerà anche scioccati molti lettori, dice Scurati, per la lunga sezione dedicata a quella che lo scrittore definisce "una rivelazione". "Una vicenda poco conosciuta anche dagli storici di professione e ignorata da quasi tutti noi: i crimini di guerra orrendi di cui gli italiani si macchiarono nel 1930-31 nella campagna di Libia. Per vincere la resistenza irriducibile dei partigiani della libertà del popolo cirenaico, con l'assenso di Mussolini e con la piena e consapevole deliberazione di Badoglio, il generale Graziani organizzò la deportazione di 100 mila civili e la creazione di un sistema di 18 campi di concentramento" sottolinea. E aggiunge: "i campi di concentramento che noi siamo abituati ad associare al nazismo tedesco sono stati, non una invenzione ma, su quella scala, una creazione del fascismo. Qualcosa che pochi di noi, a partire da me, sanno e ricordano" dice Scurati a Pordenonelegge, che non è andato a votare al referendum sul taglio dei parlamentari. " Non sono andato a votare non solo perchè sono a Pordenone, ma perchè influenzato da questi lunghi anni di immersione e studio nella narrazione del periodo fascista, ho visto in questo referendum e nel modo in cui è stato promosso, nei balletti che la politica e i vari partiti hanno fatto fino adesso, una violenza polemica antiparlamentarista che fu caratteristica del fascismo prima della conquista del potere, ma anche dei movimenti populisti italiani degli ultimi anni e decenni. Quindi diciamo che questa origine nella polemica antiparlamentare mi ha tenuto lontano dalle urne. Chiunque polemizzi in democrazia in maniera dura e ideologica e faziosa contro il Parlamento lo considero pericoloso" dice Scurati che il 3 ottobre parlerà del libro con Lucia Annunziata al Festival Insieme a Roma.
    E del successo straordinario di 'M.' afferma: "l'interesse che ha suscitato non è Mussolini in quanto tale perchè ci sono migliaia di libri ma è la figura raccontata in forma diversa. La Francia è stata uno degli ultimi paesi ad acquistare i diritti perchè lo aveva ritenuto poco interessante per i francesi. Alla fine è arrivato un editore più piccolo che ha creduto nel libro ed è stato un successo di critica enorme. E' indubbiamente la combinazione dell'argomento e della forme letteraria con cui è narrato che lo rende inaudito" dice lo scrittore. "Non volevo fare di Mussolini un eroe tragico e ho scelto un metodo di lavoro molto rigoroso, molto aderente alle fonti documentarie che poteva sembrare quasi un handicap e invece ha generato una forma di narrazione nuova. Credo che molta della letteratura più interessante del Novecento nasca in queste zone di confine. 'A sangue freddo' di Truman Capote è giornalismo o è letteratura?. E' tutte e due proprio perchè è al punto di incrocio tra queste due cose" spiega lo scrittore. E annuncia che la terza parte della trilogia, a cui non ha ancora iniziato a lavorare, si aprirà "con la visita di Hitler in Italia nel 1938, quando fa il turista nelle città d'arte a Firenze e a Roma".
   

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