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Renzo Rossellini, l'Italia ha dimenticato papà

Il produttore al Festival di Pesaro, ecco la sua ultima lettera

PESARO - "Sono il Rossellini più vecchio di tutti, mio padre è arrivato a 70 anni e io invece ne ho già 75". Esordisce così, con toni malinconici, Renzo Rossellini, figlio del maestro del cinema italiano Roberto Rossellini, alla 53/a edizione del Festival di Pesaro che ricorda il padre a 40 anni dalla morte (3 giugno 1977) con un'ampia retrospettiva e una mostra fotografica. E proprio prendendo spunto da questa ricorrenza Renzo, regista e produttore di tanti capolavori, non ci sta: "Mio padre è stato dimenticato. Non lo ricorda né il festival di Roma, né la Mostra di Venezia, per fortuna che c'è la Cina, dove andrò ad ottobre, che invece lo commemorerà". E, a fine intervista, esce dalle tasche di un Renzo Rossellini visibilmente commosso l'ultima lettera del padre datata dicembre 1976. Una lettera-testamento in cui Roberto Rossellini chiede a Renzo di portare avanti la sua opera: "Ora che mi sento vecchio - dice il padre al figlio - mi conforta, solamente, l'idea che il mio progetto grazie a te non rimarrà incompiuto. Papà tuo".

Renzo Rossellini, secondogenito del regista di Roma città aperta, ricorda poi del Leone d'Oro andato a 'Il generale della Rovere' nel 1959 (ex aequo con 'La grande guerra' di Mario Monicelli) che il padre gli diede: "Avevo girato insieme a papà il film per renderlo pronto per Venezia - racconta -. A fine riprese mio padre aveva fatto poi il minutaggio del girato e risultò che io avevo girato un minuto più di lui. Così pensò bene che il Leone spettasse a me. Era fatto così". "Mio padre - continua Renzo Rossellini - mi ha insegnato per prima cosa ad essere uomo, ovvero il mestiere di essere umano. E questo anche al di là dell'impegno politico. Mi ha insegnato poi il rispetto per le donne come base per l'amore e anche - dice divertito - come comportarmi con loro nelle attività intime". Sul cinema italiano di oggi è critico: "Non capisco come in un mondo così complesso, come quello di oggi, il cinema non trovi la voglia di raccontarlo, di dargli un giudizio etico come ha fatto mio padre durante l'occupazione nazista. Insomma perché non dire la propria anche urlando. Mio padre mi ha insegnato che la rabbia è in fondo solo una forma di amore per le vittime dei prepotenti. E credo che oggi questo non si faccia per niente. Non vedo film dove ci sia impegno, a parte forse Daniele Vicari con Diaz". Il padre, aggiunge, "è stato dimenticato in Italia. A parte il Festival di Pesaro con cui ha collaborato agli inizi, sono andato a manifestazioni per il quarantesimo della sua morte sia a Berlino che in Francia. E l'Italia? Sia il ministero che il governo non ha fatto nulla. Né Venezia né il Festival di Roma lo ricorderà. Devo andare fino in Cina ad ottobre perché gli rendano omaggio. La tv italiana - aggiunge - è vero, mi ha fatto una lunga intervista su Rai Storia che è andata già in onda, ma tutto qui. Forse mio padre lo ricorderanno solo nel secolo prossimo, visto che questo attuale ha fatto pochissimo".

Sulla polemica sui film Netflix al Festival di Cannes (Okja e Meyerowitz Stories) che ha diviso la giuria per il fatto che non avrebbero avuto un'uscita in sala, spiega Rossellini, regista anche di tante opere televisive: "Penso che la diffusione del prodotto cinematografico più è ampia meglio è. Il fatto che in tv un film viene visto da milioni di spettatori e, al cinema, solo da decine di migliaia la dice tutta".

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