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Neil Young contro Trump, fa causa per le canzoni nei comizi

Test legale dopo "Rocking in Free World" a Tulsa e Rushmore

NEW YORK - Dopo essersi a lungo lamentato, Neil Young ha perso la pazienza. Il leggendario musicista di origine canadese si è rivolto a un tribunale federale accusando la campagna di Donald Trump di violazione del copyright per aver suonato ripetutamente le sue canzoni in recenti comizi. "Questa denuncia non intende mancare di rispetto ai diritti e alle opinioni di cittadini americani che sono liberi di scegliere il loro candidato preferito", si legge nella denuncia presentata presso una corte federale di New York: "E tuttavia il querelante in buona coscienza non può tollerare che la sua musica sia usata come tema per una campagna di ignoranza e odio, che mira a dividere e che non riflette i valori dell'America". Young chiede un risarcimento di 150 mila dollari.

Negli Usa le norme sull'uso di brani musicali in contesti politici derivano da una causa per antitrust del Dipartimento della Giustizia che risale agli anni Quaranta e che finora non è mai stata testata in tribunale, anche perché la ciclica fine delle campagne elettorali toglie mordente a eventuali cause che finiscono per chiudersi con un patteggiamento. Per poter suonare canzoni coperte da diritto d'autore in pubblico, i candidati devono acquistare una specifica Political Entities Licence che dà accesso a 15 milioni di brani. Trump ce l'ha, ma gli artisti hanno il diritto di togliere la loro musica dalla lista. E' dai tempi della prima campagna presidenziale di Trump che Young minaccia di far causa: i comizi di Tulsa il 20 giugno e poi a Mount Rushmore il 4 luglio hanno fatto traboccare il vaso. Nell'azione legale Young sostiene che la campagna del presidente non ha il suo permesso per suonare pubblicamente canzoni come "Rockin' in the Free World" e "Devil's Sidewalk".

Il 74enne cantante aveva preannunciato l'azione legale in luglio sul suo sito web: "Inizialmente avevo deciso di non farlo. Ma Trump ha mandato nelle piazze teppisti in uniforme. L'ha ordinato personalmente", ha spiegato il musicista, alludendo all'impiego di forze federali per reprimere le proteste Black Lives Matter: "Immaginate come si sente uno a sentire 'Rockin' in the Free World' dopo che parla questo presidente. Non l'ho scritta per questo".

Young non è il solo musicista che recentemente diffida Trump dall'usare le sue canzoni: "Lui non avrebbe voluto che 'I Won't Back Down' fosse suonata in una campagna d'odio", ha contestato al presidente dopo Tulsa la famiglia di Tom Petty unendosi a una lunga lista di star tra cui Rihanna, Elton John, Rem, Adele, Guns N Roses, Pharrell, Queen, Prince, Aerosmith e Earth Wind and Fire. E sempre dopo Tulsa i Rolling Stones avevano minacciato il ricorso ai giudici dopo aver ascoltato le note del classico del 1969 "You can't always get what you want": nella notifica si scriveva a chiare lettere che Mick Jagger, Keith Richards, Ronnie Wood e Charlie Watts erano decisi a portare Donald Trump in tribunale se le loro richieste fossero state di nuovo ignorate.

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