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Il ritorno di Tosca, senza dimenticare

Silvio Zamorani Editore

Il ritorno di Tosca, senza dimenticare

Diario e lettere di resistenza da Auschwitz all'alba di Israele

ROMA, 27 marzo 2021, 10:10

Massimo Ricci

ANSACheck

IL RITORNO DI TOSCA (A CURA DI GIORDANA TAGLIACOZZO) AUSCHWITZ-ROMA ERETZ ISRAEL-ROMA - RIPRODUZIONE RISERVATA

IL RITORNO DI TOSCA (A CURA DI GIORDANA TAGLIACOZZO) AUSCHWITZ-ROMA ERETZ ISRAEL-ROMA - RIPRODUZIONE RISERVATA
IL RITORNO DI TOSCA (A CURA DI GIORDANA TAGLIACOZZO) AUSCHWITZ-ROMA ERETZ ISRAEL-ROMA - RIPRODUZIONE RISERVATA

"Figli miei adorati, la vostra mamma è salva, presto vi riabbraccerà, siate buoni e coraggiosi". Sono le parole con cui appena liberata Tosca Di Segni annuncia il suo ritorno a Roma dopo la deportazione.
    Arrestata a Roma il 14 febbraio del 1944, dopo essere stata denunciata, incarcerata per essere trasferita prima a Fossoli e poi ad Auschwitz insieme con il marito Gino Tagliacozzo che da quel campo non fece mai ritorno. E come lui tanti altri parenti di Tosca, suo fratello Riccardo, sua cognata Rita Caviglia e la loro figlia Gianna uccisa ad appena due anni. Tosca invece torna dopo essere stata trasferita a Theresienstadt ed il suo essere mamma è la forza che la porta a superare ogni prova compresa la delusione di tornare finalmente nella sua amata Roma e non trovare i quattro figli, portati da una parte della sua famiglia in Palestina. Il lungo viaggio non è ancora terminato scrive il 9 agosto Tosca in quello che è il suo diario di prigionia, ma soprattutto la descrizione del ritorno verso la vita e dopo, con ostinata determinazione, verso quella che voleva fosse la sua vita, nella sua città con la sua famiglia. Scorrendo i ricordi e la fitta corrispondenza di Tosca con i suoi familiari si respira la volontà di non soccombere. Liberata il 9 maggio, impiega tre mesi per tornare a casa attraverso un'Europa dilaniata e già divisa dalla cortina di ferro. Trova chiusa la frontiera a Vienna, deve deviare percorso e tardare ancora il rientro. Ma quello sarebbe stato solo il suo primo ritorno: Tosca affronta infatti le difficoltà di arrivare nella Palestina sotto mandato britannico e sfida i contingentamenti per rivedere i figli, ospitati presso gli istituti e le organizzazioni che stanno per diventare gli embrioni del futuro stato di Israele.
    A quel punto, come scrive nella prefazione Fabio Levi l'interrogativo diventa se restare in Palestina e rompere drasticamente con il passato o tornare indietro e sentirsi come se si avesse tradito una parte di sé. Tosca che nel ricordo di quel vissuto ha legato la sua sopravvivenza compie il suo ritorno a Roma, come successivamente una buona parte della sua famiglia nel frattempo emigrata in Palestina, interrompe la sua 'salita' in Israele, la sua aliya. Ma qualsiasi considerazione si possa fare il ritorno di Tosca ha significato soprattutto il ritorno simbolico anche di chi non ce l'ha fatta, ha voluto dire ricostruire le radici del popolo ebraico a Roma come in Israele così come testimonia la genealogia che l'autrice inserisce come introduzione al libro: dei suoi undici nipoti, tre vivono in Israele, gli altri in Italia nel ricordo di quella resistenza, non resilienza, a cui dovremmo attingere anche tutti noi in questi giorni difficili trovando anche nella memoria il coraggio e la determinazione per andare avanti.
   

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