(di Marzia Apice)
MAURIZIO PONTICELLO, LA VERA STORIA
DI MARTIA BASILE (Mondadori, pp.336, 19 euro). È una scrittura
che restituisce al lettore la potenza dei sentimenti più
autentici accanto a immagini sorprendentemente nitide della
Napoli del XVII secolo quella di Maurizio Ponticello, autore del
romanzo storico "La vera storia di Martia Basile", edito da
Mondadori. Il libro (candidato da Maria Cristina Donnarumma al
Premio Strega 2021, poi non rientrato nella dozzina scelta a
marzo) si ispira alla vita di una donna realmente esistita: si
tratta di Martia Basile che, nella Napoli capitale del viceregno
spagnolo a cavallo tra '500 e '600, a soli 12 anni viene ceduta
in sposa dal padre a don Muzio Guarnieri, commerciante
immischiato in traffici con la corte. Il matrimonio si rivela da
subito un incubo fatto di stupri, botte e umiliazioni; la
nascita di due figlie poi aggrava la furia inarrestabile contro
Martia di don Muzio, desideroso a tutti i costi di un erede
maschio. L'uomo, per riparare il disastro dei suoi affari,
arriva addirittura a vendere ad alcuni potenti la moglie, a poco
a poco sbocciata come un fiore dall'incredibile bellezza. Mentre
Don Muzio viene incarcerato, Martia, provata dal dolore e dalle
umiliazioni, riesce a fuggire e a prendere in mano la sua vita:
entra in contatto con alcune donne che praticano la stregoneria
e stringe con loro un'alleanza, conosce l'amicizia e finalmente
anche l'amore. Tuttavia ciò non basta, perché la tragedia è alle
porte: la donna, dopo aver ucciso il marito tornato a casa dal
carcere più violento di prima, viene imprigionata, torturata e
infine accusata non solo del viricidio ma anche di aver
addirittura siglato un patto col diavolo. Nessuno potrà
salvarla, neppure il menestrello Giovanni (figura ispirata al
poeta napoletano Giovanni della Carretòla), suo amico e
confidente, che di Martia canterà la storia nei suoi versi,
affinché non sia dimenticata. Fondendo in modo efficace la
realtà storica all'invenzione, la lingua italiana al napoletano
(addolcito) dell'epoca, Ponticello costruisce con una prosa
efficace, cruda e poetica al tempo stesso, un romanzo
avvincente, pieno di colpi di scena, avventure, riferimenti
colti e immagini forti. Tra le pagine si rincorrono gli odori e
i sapori di una Napoli dall'anima contraddittoria, una città che
è tante cose insieme, benedetta e maledetta, svilita e
orgogliosa, sporca e bellissima, con il mare e il Vesuvio a far
da testimoni privilegiati delle sue vicende. E poi la
rievocazione di personaggi del calibro di Giordano Bruno, i
misteri della fede e quelli della superstizione, la miseria e il
destino segnato dei poveri accanto al potere sfrontato dei
"padroni" di turno. C'è l'orrore nauseabondo degli stupri e
delle violenze inaudite perpetrati da uomini senza umanità, la
misoginia imperante, la tragedia e l'indecenza accanto all'arte
di arrangiarsi tipica dell'immaginario partenopeo. In tutto
questo emerge la straordinaria figura di Martia, la donna dal
"fuoco vivo" e dal carattere indomito, che Ponticello descrive
nel suo diventare adulta a mano a mano che avanza il racconto
della sua storia: dalla bambina inconsapevole che era, Martia
acquisisce la consapevolezza di se stessa e quella (amara) del
suo destino ineluttabile, eppure sceglie di lottare come può,
con tutte le forze, per ottenere se non la felicità almeno un
po' di pace e giustizia dopo tante sofferenze, abbandoni e
tradimenti. Peccato che non ci riuscirà e che sarà condannata
anche a una damnatio memoriae, tra imprecisioni storiche e
censure, lunga secoli. Ma Martia, con il suo sacrificio e le
angherie subite, diventa e resta un'eroina, assurgendo a simbolo
di resistenza e dignità e di una storia femminile che nei secoli
è stata lordata dalla violenza dell'uomo e che ancora aspetta di
essere riscattata.
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