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Andrea Bajani, il libro delle case di una vita

Feltrinelli

Andrea Bajani, il libro delle case di una vita

I luoghi, reali e metaforici, i ricordi per capire chi siamo

ROMA, 12 aprile 2021, 09:27

Paolo Petroni

ANSACheck

ANDREA BAJANI, ' 'IL LIBRO DELLE CASE ' ' - RIPRODUZIONE RISERVATA

ANDREA BAJANI,  	' 	'IL LIBRO DELLE CASE 	' 	' - RIPRODUZIONE RISERVATA
ANDREA BAJANI, ' 'IL LIBRO DELLE CASE ' ' - RIPRODUZIONE RISERVATA

La casa come luogo dell'anima, spazio esistenziale, testimone silenzioso dei pezzi di una vita (o di una vita in pezzi), ma anche come carapace di tartaruga che tutti ci portiamo dietro, sempre. Le case come momenti, testimonianze dell'esistenza, del vivere e crescere di Io, luoghi reali e luoghi interiori, diverse case come è diverso il nostro essere col passare del tempo, con i vari traslochi materiali e metaforici.
    E' identificato solo con Io il protagonista narrato in terza persona, circondato da altri personaggi senza nome proprio, denominati con il loro ruolo: Madre, Padre, Nonna, Moglie con Bambina, Parenti, e così via. Scelta spiazzante all'inizio, ma che si rivela presto logica, anzi necessaria per favorire la prospettiva, il punto di vista, diciamo distaccato, con cui è la casa a osservare la vita di chi ci vive dentro. Le case, il racconto, sono così, tappa dopo tappa, sempre al presente, anche se qualcosa poi si perde, si modifica per strada col tempo e c'è la Casa dei ricordi fuoriusciti, che ''è la scatola nera di ciò che non ricorda, contiene quello che persino la memoria ha rifiutato, anche se è successo. Di certo è ciò che consente a Io di dire Io continuamente sapendo di mentire''.
    C'è catasto, vita e poesia in questo sapiente, poetico, bel romanzo di Andrea Bajani: momenti di vita raccontati (o meglio suggeriti) dall'abitare ''lì e quando'', ripercorrendo in modo non cronologico (come non scattano cronologicamente ricordi e emozioni) le case vere e esemplari in cui il protagonista del libro ha abitato, in cui è solo passato, si alternano a case che non conosce e la sua vita ha solo sfiorato, ma che hanno avuto un peso nella sua formazione e immaginazione, come quelle legate alle vicende storiche degli anni narrati (dal 1976 - Bajani è nato nel 1975 - ai nostri giorni), da la Casa di Prigioniero (il covo dove fu rinchiuso Aldo Moro) sino a Ultima casa di Poeta (quella cui Pasolini non fece mai ritorno).
    Case reali e simboliche dunque sfilano in quel disordine cronologico che è la vita, ma che proprio in questo acquistano un senso in un avanti e un indietro nel tempo e nella memoria del protagonista, attraverso frammenti di ricordi contrassegnati da date significative, che appaiono e a volte ritornano. Così tra uno stare, un abitare e un trasferirsi, mentre un lampo di felicità guizza e si spegne, mentre infanzia e giovinezza si affacciano inquiete tra pareti e figure parentali, in un trascorrere e modificarsi esistenziale, tra la scoperta del sesso o quella della malattia, saltando di casa in casa ricostruiamo la vita di Io fino all'età adulta. Abita adesso nella casa di Famiglia e in quella delle parole, il luogo dello scrivere, che sempre si confronta con la sua vicina inafferrabile, la Casa dei ricordi fuoriusciti, e con l'altra, più reale e concreta, la Casa degli appunti, di quel taccuino su cui la moglie gli ha scritto ''per le tue parole'', che sono, restano la sostanza di tutto.
    Se la memoria dell'infanzia brucia dolori lontani, comunque al passato prossimo e al presente di Io, come di ognuno di noi, non mancano sconfitte e sofferenze profonde. Ciò che muore e si disfa di quanto il protagonista ha costruito abita il senso della nostalgia e del fallimento, come i suoi mobili in disuso abitano adesso nella Casa della dispersione ''mercato perfetto per arredare con poco nuove case, (…) abbinare l'improbabile, giustapporre anacronismi in maniera casuale''. La casa di Famiglia si svuota e l'ascensore condominiale, un tempo testimone di una vita che riempiva il suo abitacolo di gesti affettuosi e di quotidianità, assiste silenzioso al suo mutare.
    Come le case, anche gli ascensori sanno e conservano, perché conoscono i segreti dei corpi che hanno avuto dentro. E l'ultima tappa, ancora con La casa dei ricordi fuoriusciti, dove Io cerca ancora inutilmente, tra frustrazione e rabbia, di ripescare alcuni ricordi da un indistinto fondo sabbioso, conclude il gioco della memoria con un reiterato ''Io non vedrà'', a cominciare dalla ''discarica dei ricordi che non hanno trovato il loro posto in nessuna delle case in cui ha abitato'' e, un novembre, mese simbolico, ''la neve stenderà una coperta bianca sopra questo paesaggio di ricordi naufragati; anche se fredda, proteggerà la terra e il suo tepore''.
    Il romanzo di Bajani (in corsa tra l'altro per lo Strega), di rara sapienza e raffinatezza di costruzione, non espediente ma necessità narrativa con anch'essa un suo valore metaforico, dunque setaccia abitazioni e svela rifugi per raccontarci l'intimità di una vita, decostruendone cronologia e architettura esistenziale, con una scrittura raffinata, precisa e sorprendente, che sa intrecciare il linguaggio tecnico e simbolico con quello realistico dei fatti e quello denso dei sentimenti, riuscendo a arrivare a toccare la poesia dell'essere.
   

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