Una storia di liberazione in cui la creatività gioca un ruolo determinante. La rinascita dopo il dolore, la guerra e la condizione di sfollate: è il filo conduttore di 'Photographs of Life in Khanke Camp', mostra fotografica esposta al Maxxi. Autrici degli scatti sei ragazze della comunità Yazide di Sinjar. Si chiamano Khawla Shamo, Klood Khedada, Bushra Qasim, Samia Jendo, Manal Barakat, Zina Hassan. Un progetto promosso dall’UNICEF, in collaborazione con i partner locali del Research and Development Organization, e finanziato dal Ministero Affari Esteri e della Cooperazione italiano. Obiettivo: dotare un selezionato gruppo di giovani, vittime di guerra e sopravvissute ad atti di violenza di genere, di uno strumento espressivo e di un approccio al mondo del lavoro.
Le ragazze provengono tutte da Sinjar che si trova nella parte nord-occidentale della provincia di Ninive, nell’Iraq settentrionale, in un’area che nel 2014 fu oggetto di devastazioni e violenze da parte dei terroristi di Daesh. Le ragazze yazide durante la loro permanenza a Roma hanno visitato le redazioni di Ansa, Mediaset e Repubblica. Un’occasione importante per arricchire il loro bagaglio professionale e vedere da vicino come lavorano le testate giornalistiche. Hanno inoltre avuto modo di scattare diverse foto degli assetti della Difesa coinvolti in attività quali, ad esempio, la missione 'Strade Sicure'.
La mostra al Maxxi
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Photographs of Life in Khanke Camp
Nell'agosto del 2014, insieme ad oltre 400 mila componenti della comunità yazida, le giovani donne furono costrette ad abbandonare le loro case mentre Daesh conquistava, devastandole, ampie estensioni di territorio iracheno.
Migliaia di persone furono fatte prigioniere o giustiziate; le donne e bambini furono praticamente ridotti in schiavitù.
Le foto sono state scattate a Khanke Camp (provincia di Dohuk), il luogo dove le ragazze sono ospitate ed in cui si è svolto il corso. Ospita 2.900 famiglie (circa 17.400 persone). Sono tutti fuggiti dalla provincia irachena di Ninive (che comprende Sinjar ed altri 18 villaggi).
"Quando una ragazza yazida fotografa una donna del suo stesso gruppo etnico, di cui condivide lingua e cultura, è in grado di sentire e capire nei minimi dettagli traumi, difficoltà e il modo di vivere di quella persona più di quanto potrebbe fare un estraneo", racconta il direttore dell'RDO. "Nella società yazida - afferma Zina, la portavoce del gruppo - non esiste una cultura dell'immagine, e la stragrande maggioranza delle donne non si occupa di attività economiche".
Zina e le sue compagne sembra abbiano vinto la sfida: un'iniezione di fiducia in se stesse fino a giungere alla consapevolezza di poter raccontare le loro storie, il trionfo e la rinascita.
E’ in progetto la creazione di un sito web dove possano pubblicare i loro lavori e l’organizzazione di un forum europeo per le ragazze. Il loro progetto vuole essere pilota per realizzare altri laboratori simili perché altre ragazze possano specializzarsi in campi diversi, affidando buona parte dell’organizzazione di tali corsi alle risorse interne, un ulteriore passo verso il recupero di una normalità che non sia solo risposta alle esigenze basilari ma che guardi al futuro.
La mostra al Maxxi è stata promossa dal ministero della Difesa. Le giovani donne, come scrive la ministra, Roberta Pinotti, nella brochure della mostra, "si sono trasformate da vittime di un destino tragico in attente osservatrici di un mondo a sé stante, capaci di documentare e dare forma alla loro visione dei bisogni e dei problemi della loro comunità. Un approccio diretto, senza filtri, come dirette sono le immagini di questa mostra fotogratica - scrive ancora la Pinotti - che raccontano il dramma di queste genti, ma che contengono anche la speranza di un futuro migliore, di pace e libertà"
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La visita all'ANSA delle sei ragazze Yazide - LE FOTO
Visita all'ANSA delle sei ragazze della comunità Yazide di Sinjar autrici degli scatti della mostra che si è svolta al Maxxi di Roma a gennaio 2017
Le giovani si chiamano Khawla Shamo, Klood Khedada, Bushra Qasim, Samia Jendo, Manal Barakat, Zina Hassan. Il progetto, promosso dall’UNICEF, in collaborazione con i partner locali del Research and Development Organization, e finanziato dal Ministero Affari Esteri e della Cooperazione italiano.
Obiettivo: dotare un selezionato gruppo di giovani, vittime di guerra e sopravvissute ad atti di violenza di genere, di uno strumento espressivo e di un approccio al mondo del lavoro.
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