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di Agnese Malatesta
ANSA MagazineaMag #124
Sono 5 milioni in Italia, tanti i bambini. Ma il dato è in aumento

Viaggio tra chi aiuta i poveri

La lotta all’indigenza conta su realtà per lo più sconosciute e invisibili al grande pubblico

Sono oltre cinque milioni i poveri in Italia, l’8,4% della popolazione residente. Un dato in aumento costante nel tempo: in dieci anni la povertà assoluta è infatti aumentata del 182%. Degli oltre 5 milioni di poveri, un milione 200 mila sono bambini e ragazzi. La lotta alla povertà può contare su un articolato sistema di misure, piccole e grandi, per lo più sconosciute e invisibili al grande pubblico, che fanno però la differenza in qualità della vita per tante persone e famiglie.

A promuovere questi interventi, diffusi in modo capillare sull’intero territorio nazionale, sono enti locali, organizzazioni del non profit, aziende, comunità. Spesso lavorano in stretta e fruttuosa collaborazione. La povertà non è solo una questione monetaria. Può essere educativa, abitativa, sanitaria. Contro i tanti tipi di povertà il territorio si mobilita ed ecco nascere progetti per facilitare il ricollocamento nel mondo del lavoro, per poter assicurare un pasto al giorno, per migliorare l’accesso alle prestazioni sanitarie, per offrire un tetto a chi dorme per strada.

Cinque milioni i poveri in Italia, tanti bambini. Un viaggio tra chi li aiuta


'Passavo da un divano all'altro in casa di amici, mi ha salvato il cohousing'

Da una parte anziani che vivono da soli in una casa troppo grande; dall’altra, persone che hanno perso il lavoro o si sono separate, non riescono a pagare un affitto e non sanno dove andare. A questi due bisogni risponde il cohousing, un progetto di coabitazione solidale pensato da Auser Firenze per contrastare la povertà abitativa. Dal capoluogo toscano sono partite le prime coabitazioni che ora sono esperienza anche a Pistoia, Pisa, Livorno, Pavia, Bologna, Osimo: 623 le persone coinvoltein dieci anni in 302 coabitazioni sociali. Negli ultimi cinque anni, sono anche nati i condomini solidali che ospitano 49 persone in sei alloggi tipo ‘shared supported houses’.

www.abitaresolidaleauser.it

“Dopo la separazione da mia moglie mi sono trovato come in una voragine – racconta G. R., cinquantenne di Firenze – Per un anno ho vissuto senza dimora stabile. Passavo da un divano all’altro, ospite di amici. Solo chi ci passa sa cosa vuol dire vivere senza casa, non avere uno spazio per sé, dove lavarsi i denti, farsi la barba, bersi un caffè”. Caso fortuito incontra Auser Abitare Solidale ed entra in contatto con un ottantenne, vedovo. “Sapevo che aveva fatto l’imbianchino, come mio nonno – prosegue G. R. – accettai di incontrarlo. Il primo impatto non fu positivo. Lui era cacciatore e pescatore, impensabile per me, vegetariano, poterci convivere. Ma con i volontari facemmo altri incontri, uno insieme alle mie figlie. E mentre lui mostrava loro la cameretta che le avrebbe ospitate, mentre provava a farle stare a loro agio, fui mosso dalla delicatezza uomo”. Così cominciò la loro coabitazione. “Non so a chi dei due abbia più giovato questa esperienza. Ho vissuto lì per un anno e mezzo. Anche ora che sto ricostruendo la mia stabilità in un comune vicino Firenze, mi sento spesso con quell’anziano che ha accolte me e le mie figlie. Scherziamo e ci prendiamo in giro”. Nella coabitazione solidale, la casa non è più solo uno spazio ma è anche luogo di relazioni e di incontri fra fragilità. Tra i coinquilini non comincia tutto all’improvviso, spesso ci sono iniziali diffidenze e paure, per questo si incontrano più volte per conoscersi, il tutto seguito dai volontari Auser. Poi si stipula il ‘patto di convivenza’, si dividono spese vive e bollette.


Pane recuperato nei forni, cibo per 2300 poveri a Roma

Pane recuperato nei forni, cibo per 2300 poveri a Roma

Circa 2300 poveri a Roma mangiano ogni giorno il pane di recupero, quello non venduto ma ancora buono. E’ possibile grazie ad una rete di operatori avviata due anni fa dalle Acli di Roma che quotidianamente ritira il pane dai forni destinato allo spreco, e con questo rifornisce le mense dei poveri. Dallo scorso giugno, il recupero riguarda anche frutta e verdura. “E’ il nostro modo per favorire l’inclusione, è un tassello contro la povertà”, dice Lidia Borzi, presidente Acli di Roma, che sottolinea il ‘paradosso dell’abbondanza’: “Il cibo c’è per tutti, ma non tutti ne hanno accesso. C’è chi usa con disinvoltura la pattumiera perché compra più del necessario e chi invece è costretto a rovistare nei cassonetti o andare a frugare negli scarti di fine giornata al mercato per potersi nutrire”.

www.ilpaneachiserve.it

 

Il progetto, ‘Il cibo che serve’, finanziato da un bando della Regione Lazio, combatte gli sprechi e permette agli esercenti che donano di usufruire di sgravi fiscali. Solo nel 2018 sono stati recuperati 30mila chili di pane, e da giugno scorso 4 mila chili di ortofrutta. Si tratta di un valore di 250mila euro, reso possibile da una rete composta da 45 panifici, 44 associazioni, 6 municipi. 2300 i poveri raggiunti ogni giorno per ora attraverso il servizio annuo di 4 mila giornate di volontariato e ben 13.200 chilometri percorsi dai furgoncini della solidarietà. Nel recupero i volontari privilegiano il chilometro zero. Priorità quindi ai piccoli fornai e ai mercati di quartiere: cibo di qualità che arriva per lo più alle mense delle parrocchie, a case famiglia e residenze per anziani. E poi alle mense ‘storiche’ dei poveri, come quella della Caritas e del Centro Astalli. Il tutto in una rete fatta di scambi di cibo e di relazioni sociali. Da circa un mese è attiva l’app ‘Romacheserve’ che permette di far incontrare più facilmente le realtà produttive che hanno eccedenze alimentari da donare e le realtà solidali che hanno invece bisogno di riceverle.


Il volto dei poveri, 2.6 mln di interventi nel 2017 dalla rete Caritas

E’ maschio ed ha 44 anni l’utente-tipo che chiede aiuto alla rete Caritas per problemi legati alla povertà. In un caso su quattro le richieste provengono da giovani, 18 e 34 anni. Nel 2017 sono state quasi 200 mila le persone che hanno chiesto una qualche forma di aiuto e sostegno ai Centri di Ascolto (CdA), circa 2 mila (il 58,9%) in 185 diocesi. In valore assoluto lo scorso anno la rete Caritas ha realizzato circa 2 milioni 600 mila interventi, in lievi diminuzione rispetto al 2016.

www.caritasitaliana.it

 

In dieci anni la povertà assoluta è aumentata in Italia del 182%. Nel 78,4% dei casi le richieste hanno avuto a che fare con la povertà economica: problemi di occupazione (54%) e abitativi (26,7%). Nel 57,8% dei casi si tratta di stranieri. Il 15,6% degli utenti sono pensionati, il 45,9% è sposato, il 63,9% ha figli. I disoccupati ascoltati rappresentano il 63,8% dei casi (67,4% fra gli stranieri). Due terzi degli utenti ha titolo di studio basso, non oltre la licenza media (77,4% tra gli italiani). Anche se diminuiscono le storie di povertà intercettate, si rileva una maggiore complessità e cronicità dei casi: il 22,4% risulta essere in carico da uno o due anni e sono in aumento gli utenti che vivono situazioni di fragilità da 5 anni e più (22,6% contro il 18,7% del 2016). In crescita il numero delle persone senza fissa dimora; ancora oggi la rottura dei legami familiari costituisce un fattore scatenante nell’entrata in uno stato di povertà. La forma di aiuto più frequente è stata l’erogazione di beni e servizi materiali (62,9%); fra queste spiccano le distribuzioni di pacchi di viveri di vestiario e i pasti alla mensa.


Tirocini lavorativi e comunità attive, i Comuni contro la povertà

Tirocini lavorativi e comunità attive, i Comuni contro la povertà

E’ sul legame di collaborazione fra pubblico e privato che si gioca la scommessa del contrasto alla povertà sul territorio. Intorno a questo rapporto si articolano molte degli interventi messi in atto da amministrazioni comunali, coordinate dal settore welfare dell’Anci. ‘FareLegami’, ad esempio, è un progetto delle città di Crema e Cremona che dà un contributo alle famiglie in difficoltà ed attiva anche nuove relazioni sociali. Un progetto in cui collaborano enti locali, aziende e non profit. Strategia principale sono i ‘patti’, veri e propri contratti sottoscritti tra la persona in difficoltà e un ente partner: in base ai bisogni, la persona ha a disposizione un’assistenza necessaria (un sussidio e un percorso per potenziare risorse personali e lavorative) in modo da superare lo stato di vulnerabilità, in cambio deve essere ‘responsabile’ del cambiamento. Al momento sono stati stipulati 250 patti, 500 i beneficiari. Inoltre sono nati i ‘Civic Center’ (30 per ora), ossia attività extrascolastiche, culturali e aggregative che si svolgono nelle scuole, negli oratori, nei luoghi di incontro, quindi spazi aperti per il tempo libero gestiti dalla stessa comunità.

I cantieri di cittadinanza

A Milano, il progetto triennale ‘Al bando le povertà’ dispone di 25 milioni di euro; i primi 5 sono messi a bando per le reti del terzo settore, in 22 quartieri. Il progetto - promosso dalla Fondazione Cariplo – mira a potenziare le reti locali e a costruire un sistema per valorizzare le persone e promuovere l’attivazione delle comunità. Obiettivo: la messa a punto di ‘ricette di quartiere’, in cui collaborino servizi e società civile per offrire alle famiglie povere opportunità di uscita dalla situazione di bisogno. Il Comune di Bari punta ai tirocini lavorativi favorendo l’incontro tra potenziali beneficiari ed aziende e potenziando così all’inclusione occupazionale. L’intervento, finanziato con 1.3 milioni di euro, consentirà l’avvio di 500 tirocini semestrali retribuiti con 400 euro al mese. Potranno accedervi gli iscritti al Rei (Reddito di inclusione) o comunque coloro che hanno un reddito inferiore ai 6 mila euro l’anno. Sono oltre 300 le aziende pronte a dare il via ai colloqui e alle esperienze formative. Circa 1.200 i tirocini da attivare; i primi partiranno entro la fine dell’anno.

www.anci.it


Fallisce azienda, imprenditrice si riqualifica e apre casa di cura per anziani

Fallisce azienda, imprenditrice si riqualifica e apre casa di cura per anziani

Michela, 65/enne del Savonese, gestiva un’azienda di famiglia. Con la crisi economica è arrivato il fallimento e ha perso la sua attività. Con essa anche la fiducia in se stessa e l’agiatezza; sono comparse paura e angoscia per il futuro. La perdita di lavoro è una delle cause più ricorrenti all’ origine della povertà. Ecco che l’opportunità di una nuova formazione può facilitare, a tutte l’età, il rimettersi in gioco. Come nel caso di Michela, la formazione è stata la chiave di svolta. L’occasione le è arrivata dalla Croce Rossa Italiana (Cri) che da qualche anno organizza in tutta Italia, anche insieme agli enti locali e sulla base dei bisogni del territorio, progetti di inclusione sociale; corsi per riqualificare e reinserire persone che hanno perso il lavoro, sia per italiani sia per stranieri. Vasta la gamma delle figure professionali su cui formarsi: dalle assistenti familiari alle baby-sitter, dai carpentieri ai meccanici, ai cuochi, ma anche elettricisti, magazzinieri, giardinieri e programmatori.

Il sito della Croce Rossa italiana 

Dopo il fallimento della sua azienda, Michela non si perde d’animo e nel 2016 partecipa ad un corso di formazione per assistente familiare, promosso appunto dalla Cri, rivolto a persone in situazione di vulnerabilità, e poi svolge un tirocinio in una struttura per anziani. Un anno di impegno più o meno, ma tanto è bastato per ricaricarsi. Al termine di questo percorso, Michela ha avuto un’idea: ristruttura la propria casa, la fa diventare un alloggio per persone anziane. Oggi è tornata ad essere l’imprenditrice che è sempre stata, anche se in un altro contesto. “Il percorso intrapreso grazie alla Cri mi ha fatto capire che quella poteva essere la mia nuova strada. Mi piace prendermi cura degli anziani e farli sentire di essere circondati dal calore di una vera e propria casa”.

Sono 346 le persone che, nel solo corso di quest’anno, hanno partecipato a progetti formativi promossi dalla Cri finalizzati al rientro nel mondo del lavoro; tra queste 69 hanno trovato un’occupazione o un tirocinio con un regolare contratto di almeno tre mesi. “Il lavoro è dignità, relazioni, autonomia. E’ fondamentale vedersi riconosciuti i propri diritti e la propria identità sociale”, spiega il consigliere nazionale della Cri, Paola Fioroni. “Siamo convinti di dover investire sul riconoscimento e l’implementazione delle capacità personali o acquisite dell’individuo – prosegue - per assicurargli un percorso inclusivo e di pieno sviluppo all’interno del sistema sociale. Anche questo significa non lasciare nessuno solo. La solitudine è il peggior meccanismo di esclusione sociale”.


I numeri della povertà in Italia, 1.2 mln bambini poveri

I numeri della povertà in Italia, 1.2 mln bambini poveri

Famiglie in povertà assoluta nel 2017, 1 milione e 778 mila (6,9%; 6,3% nel 2016), ossia 5 milioni e 58 mila persone (8,4% contro il 7,9%). Cresce anche la povertà relativa (spesa pari a 1.085.22 euro mensili per una famiglia di due persone) che riguarda 3 milioni e 171 mila famiglie (12,3% contro il 10,6%) e 9 milioni e 368 mila persone (15,6% contro il 14%). 

Ecco nel dettagli i dati elaborati dall'Istat www.istat.it


- Degli oltre 5 milioni di poveri, un milione 200 mila sono minori (12,1% del totale) .

- Povere il 37,2% delle famiglie al Nord (37,6% nel 2016), il 15,3% al Centro (19,2%), il 47,5% nel Mezzogiorno (43,2%).

- La povertà assoluta (insieme di beni e servizi considerati essenziali per standard di vita accettabili) aumenta per lo più nel Mezzogiorno sia per le famiglie (da 8,5% del 2016 al 10,3%) sia per gli individui (da 9.8% all’11,4%).

- I valori più bassi di povertà relativa si hanno in Valle d’Aosta (4,4%), Emilia Romagna (4,6%), Trentino Alto Adige (4,9%); le regioni con valori più alti: Calabria (35,3%), Sicilia (29%) , Campania (24,4%).

- Peggiora la povertà nelle famiglie con un figlio minore: quella assoluta sale a 9,5% da 7,2%. Mentre è più contenuta dove sono presenti anziani (4,8%). La povertà assoluta cala con l’aumentare dell’età della persona di riferimento; il valore minimo, il 4,6%, si rileva nelle famiglie con persona di riferimento over64, mentre quello massimo, 9,6%, con gli under35.

- La povertà assoluta diminuisce fra gli occupati e aumenta fra i non occupati; cresce nelle famiglie dove la persona di riferimento ha appena la licenza elementare (dall’8,2% al 10,7%). La povertà relativa è più diffusa fra le famiglie con 4 componenti (19,8%) o 5 e più (37%).

- Si confermano le difficoltà per le famiglie di soli stranieri: l’incidenza raggiunge il 34,5%, con forti differenziazioni sul territorio (29,3% al Centro, 59,6% nel Mezzogiorno).


Giovannini: Poverta' non si risolve con un reddito di cittadinanza


Il retake urbano dei senza fissa dimora, 'aiutiamo la città e torniamo ad esistere'

Il retake urbano dei senza fissa dimora, 'aiutiamo la città e torniamo ad esistere'

All'improvviso la vita può spezzarsi: la perdita di un lavoro, un incontro sbagliato, un errore fatale da cui è difficile riprendersi e si finisce per strada senza più nulla. Storie di vite ‘invisibili’ di cui si occupa la ‘Ronda della Solidarietà’, una onlus di Roma. Da un decennio fornisce cibo ai senza tetto e alle persone in difficoltà. Migliaia i pasti caldi che serve nel centro storico della città, vicino i Fori imperiali. Contro questo stato di povertà assoluto, la ‘Ronda della Solidarietà’ ha avviato un progetto per creare opportunità lavorative per i senza fissa dimora, così da farli rimettere in gioco. “In questi anni – spiega Marzia Giglioli, presidente della onlus - abbiamo capito che l'essere esclusi porta ad una condizione di non ritorno e che dalla povertà pochi si salvano. Non si può restare a guardare. In modo un po' sommesso abbiamo preso spunto da quello che il Nobel per la pace Muhammad Yunus, l'inventore del microcredito, dice da tempo, ossia che la povertà si vince dando ad ognuno fiducia , creando lavori possibili anche solo con piccoli incentivi". Negli ultimi, mesi la ‘Ronda della Solidarietà’, dopo essersi confrontata con gli ‘amici di strada’, ha così ideato il progetto ‘Ricomincio da me’: impegnare i senza fissa dimora nel retake urbano, nel ripulire angoli degradati della città. A breve l’avvio formativo del primo gruppo. A guidarlo è Daniele, 15 anni anni per strada, le notti a dormire nel parco di Villa Borghese, ed ora verso una nuova vita. Insieme ai suoi ‘colleghi’ seguirà, in collaborazione anche con altre associazioni, corsi di giardinaggio e riceveranno attestati di frequenza.

www.rondasolidarietaroma.com

La ‘Ronda della Solidarietà’ ha acquistato forbici e tagliaerba, tutte le attrezzature necessarie allo scopo. Obiettivo finale del progetto è la costituzione di cooperative per accedere ad opportunità lavorative, con tanto di esperienza acquisita e referenze dei giardinieri. Nell’attesa, si sperimentano come volontari in spazi verdi da pulire, aiutati anche da abitanti locali. “Abbiamo iniziato a lavorare a Primavalle, un quartiere difficile della periferia romana - dice Daniele – Puliamo le strade dove c'è un particolare abbandono e lavoriamo in alcune aree verdi". E’ “soprattutto un modo per tornare ad esistere e dimostrare che non siamo i rifiuti della città. Speriamo anche di guadagnarci la fiducia della gente che spesso quando ci vede si gira dall'altra parte. Ci daremo da fare e da quest'esperienza speriamo di trovare lavoro". Per Idris (nome di fantasia), ragazzo nigeriano rimasto senza lavoro, la possibilità di fare il giardiniere “è un modo per uscire dal nulla. Si impazzisce a fare niente”. Un ingegnere congolese, con regolare permesso di soggiorno e un’esperienza nel settore aeronautico, entrerà nel progetto: “lo faccio per dare una mano alla città”. Giuseppe invece lavorava in Marina; è diventato povero ma vuole reagire: "magari con piccole cose, almeno si ricomincia, sempre meglio di essere bollati come dei senza speranza. Ci faremo notare e forse il lavoro arriverà”. In programma dalla onlus, a breve, per i senza dimora anche un corso di restauro urbano con l'aiuto di alcuni studenti di Belle Arti.


Ticket non si può pagare, un ambulatorio gratuito per italiani e stranieri

Ticket non si può pagare, un ambulatorio gratuito per italiani e stranieri

Un ambulatorio medico con servizi gratuiti per italiani e stranieri in difficoltà. Dallo scorso febbraio, è attivo un luogo che fornisce visite specialistiche, ecografie, accertamenti vari e farmaci a chi nel quartiere ha bisogno di essere curato e non può pagare la prestazione e i ticket. L’ambulatorio ha sede nella ‘Casa Scalabrini 634’, sulla via Casilina, a Roma. Questa Casa – un programma dell’Agenzia Scalabriniana per la Cooperazione allo Sviluppo-Ascs - accoglie rifugiati, giovani adulti e famiglie; promuove attività e corsi di formazione aperti a tutti, anche alla comunità locale. L’ambulatorio è nato in collaborazione con l’Istituto di Medicina Solidale. Vi operano medici volontari tre giorni la settimana, disponibili a curare non solo migranti e rifugiati ma chiunque nel quartiere abbia bisogno e necessità. Oltre alle prestazioni di cura, i medici fanno attività di ascolto ed orientamento ai servizi.

www.scalabrini634.it

“Dopo essere arrivato in Italia e aver ottenuto i documenti necessari – testimonia un giovane rifugiato - ho cominciato a fare alcuni lavoretti. Poi mi sono ammalato, ma continuavo a lavorare lo stesso. Grazie anche al medico dell'Ambulatorio di Casa Scalabrini 634 ora sto bene e riesco a sperare che le cose andranno sempre meglio”. "A Casa Scalabrini 634 – dice il direttore, Fratel Gioacchino Campese, - promuoviamo la cultura dell'incontro, dell'accoglienza e dell'integrazione tra rifugiati, migranti e la comunità locale. Lavoriamo in rete con tante realtà e Associazioni attive sul territorio per promuovere il benessere comunitario. Ci impegniamo ogni giorno affinché, indipendentemente dalle proprie fragilità, tutti possano sentirsi accolti contribuendo attivamente alla cura della nostra Casa Comune, come ci ricorda anche Papa Francesco, con le ricchezze della propria diversità".


Povertà educativa, al lavoro studenti, insegnanti e genitori

Povertà educativa, al lavoro studenti, insegnanti e genitori

Venti scuole di sette regioni italiane sono al lavoro per il contrasto alla povertà educativa. Si tratta di un intervento che vede coinvolti studenti, docenti e genitori con l’obiettivo di assicurare e garantire a bambini e ragazzi il diritto di un’educazione di qualità. Il progetto si chiama ‘Lost in Education’ e coinvolgerà per tre anni, fino a novembre 2021, circa 4500 fra ragazzi e ragazze delle scuole secondarie di primo e di secondo grado. Capofila di ‘Lost in Education’ è Unicef Italia che lo realizzerà insieme all’Arciragazzi. Le regioni interessate sono Lazio, Lombardia, Sicilia, Puglia, Liguria, Sardegna, Friuli Venezia Giulia.

www.unicef.it

La “realizzazione delle piene potenzialità dei minorenni è un ‘bene comune’ e ne sono tutti responsabili”, dicono i promotori del progetto. Protagonisti sono gli stessi studenti, chiamati a sviluppare e sostenere le ‘relazioni di comunità’ per attivare in ogni componente il contributo per il benessere degli adolescenti. Saranno coinvolti anche docenti, famiglie e operatori locali. Dopo aver realizzato una mappatura delle aree più idonee, saranno individuati punti di incontro ed occasioni di socializzazione per gli adolescenti. In ogni regione sarà attivo un tavolo di partecipazione attiva per confrontare le buone prassi e le strategie comuni per affrontare situazioni di fragilità educativa. Si prevedono laboratori per costruire ambienti sicuri dove i ragazzi possano sviluppare le proprie capacità. L’impatto del progetto sarà valutato dall’Università degli Studi di Sassari, Dipartimento di Scienze Umanistiche e Sociali. ‘Lost in Education’ è tra i 17 progetti multiregionali approvati da ‘Con i Bambini’, impresa sociale cui è affidata l’operatività del Fondo per il contrasto alla povertà educativa – attraverso il Bando Adolescenza per un valore di 1.9 milioni di euro.


Maestri di strada a Napoli, 'le mani nel fango per costruire'

Maestri di strada a Napoli, 'le mani nel fango per costruire'

Sono maestri che lavorano tra la strada e le istituzioni. I loro studenti sono ragazzi che, per vari motivi, hanno difficoltà a seguire un percorso scolastico o anche solo ad accedervi. Sono i ‘Maestri di strada’, una sessantina di educatori, attivi a Napoli, in lotta contro la dispersione scolastica, terreno in cui prospera la povertà. “Il nostro lavoro – spiega Mena Carillo, 30 anni, una delle educatrici – su un’ alleanza educativa con le scuole e le famiglie. Lavoriamo sia in aula, con l’intera classe o con il singolo ragazzo, sia sul territorio. Anche andando a cercare lo studente che non va a scuola, che ci è stato segnalato dai servizi o dalle scuole, contattando le famiglie. Il nostro è soprattutto un lavoro di relazione, con i ragazzi e con i genitori”. In alcuni casi, il Maestro diventa “un tutor, una guida per il ragazzo. E’ un lavoro complesso ma i successi ci sono. Abbiamo anche ragazzi che sono stati nostri studenti ed ora sono nostri collaboratori, sono come ‘fratelli maggiori’ per gli attuali studenti”. Per questi ‘maestri’, la sfida educativa è trovare le parole per scalfire frustrazioni, dolori e pregiudizi, di bambini e ragazzi calati in situazioni sociali disagiate e permettere loro una crescita sana come cittadini attivi.

www.maestridistrada.it

Mena Carillo, arrivata inizialmente all’associazione come volontaria e poi diventata un’educatrice, parla del coinvolgimento che per forza di cose coinvolge il rapporto con gli alunni: “Certe sere penso ai ragazzi che ho conosciuto quest'anno e non riesco a darmi pace. Sono tanti i dispersi, troppi. La scuola mette tutti a dura prova. Tutti compresi noi”. “Oggi ho detto a un ragazzino che aveva gli occhi più belli del cielo e lui ha detto che venivano dalla munnezza. Devi proprio mettere le mani nel fango e provare a costruirci qualcosa. Poi la sera tenti di prendere sonno e intanto pensi di aver piantato un seme che forse vale quanto un granello di sabbia”. In dieci anni di attività, l’associazione ‘Maestri di strada’ onlus ha realizzato 23.456 di lezione e ha coinvolto 532 ragazzi. Fa parte di Collegamento Italiano Lotta alla Povertà (Cilap), nell’ambito di Eapn (European Anti Poverty Network).


Nel mondo 836 milioni di persone sono estremamente povere

Nel mondo 836 milioni di persone sono estremamente povere

La povertà estrema nel mondo si è ridotta di oltre la metà dal 1990. Ma il traguardo negli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, fissati dall’Onu per il 2030, e che riguarda anche lo sradicamento della povertà non è scontato. La povertà va ben oltre la sola mancanza di guadagno e di risorse per assicurarsi da vivere in maniera sostenibile. Tra le sue manifestazioni c’è la fame e la malnutrizione, l’accesso limitato all’istruzione e agli altri servizi di base, la discriminazione e l’esclusione sociale, così come la mancanza di partecipazione nei processi decisionali. La crescita economica deve essere inclusiva, allo scopo di creare posti di lavoro sostenibili e di promuovere l’uguaglianza.

www.unric.org/it

- 836 milioni di persone vivono ancora in povertà estrema
- Circa una persona su cinque nelle regioni in via sviluppo vive con meno di 1,25 dollari al giorno
- La stragrande maggioranza delle persone che vivono con meno di 1,25 dollari al giorno appartiene a due regioni: Asia meridionale e Africa subsahariana
- Elevati indici di povertà sono frequenti nei paesi piccoli, fragili e colpiti da conflitti
- La metà dei poveri sono bambini e ragazzi al di sotto dei 18 anni.