Sessanta anni fa, l'8 giugno 1960, il
Giro d'Italia di ciclismo scopriva la terribile ascesa verso il
Passo Gavia, da un'intuizione del patron Vincenzo Torriani che,
dopo averlo avvistato in una ricognizione aerea, decise di
inserirlo nella Corsa Rosa. Un'abile intuizione. La salita del
Gavia, dalla quale si possono ammirare le cime del gruppo
Ortles-Cevedale e dell'Adamello, mantiene intatto il proprio
fascino, aggiungendosi alla vasta proposta di percorsi bike
(oltre 500 km) del Consorzio Pontedilegno-Tonale. Nessuno
avrebbe immaginato che, quella lingua di 17 km con l'8% di
pendenza media - che arriva fino a 2.618 metri - sarebbe entrata
nella storia del ciclismo.
Nemmeno Imerio Massignan, vicentino di Valmarana, il primo
uomo a transitare sul Gavia al Giro: da quel giorno per tutti
divenne l'Angelo del Gavia. Era la 20/a e decisiva tappa del
Giro, da Trento a Bormio (229 km); il menu prevedeva Campo Carlo
Magno, Tonale e Gavia. L'allora 23enne Massignan si giocava la
maglia rosa con i mostri sacri dell'epoca: Gaul, Anquetil,
Nencini. "Fu una giornata memorabile - racconta Massignan, che
oggi ha 83 anni e vive nell'Alessandrino. - Partimmo fortissimo
e, a 80 km dall'arrivo, ero solo in testa. Ai tempi, del Gavia
si sapeva poco o nulla: non avevamo fatto alcuna ricognizione:
mi trovai davanti una vera e propria mulattiera, con ghiaia e
sassi, muri di neve alti sei metri, uno strapiombo a tenermi
compagnia. Transitai in cima al valico con quasi 2' di vantaggio
su Gaul. Alle mie spalle, corridori da tutte le parti che
cercavano di raggiungere la vetta. Da quel momento il mio nome è
rimasto legato al Gavia: ne vado molto orgoglioso".
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