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Paura e solitudine, operatrice racconta incubo ospizi

Paura e solitudine, operatrice racconta incubo ospizi

"Manca contatto umano e anziani non capiscono cosa accade"

AOSTA, 29 marzo 2020, 10:01

Redazione ANSA

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Coronavirus - RIPRODUZIONE RISERVATA

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Coronavirus - RIPRODUZIONE RISERVATA

(di Thierry Pronesti)

"Molti hanno una demenza. Vedono noi tutte bardate e ci scambiano per extraterrestri. In queste condizioni la parte umana, l'abbraccio, viene a mancare. Spiegare cosa accade è impossibile, nei loro occhi vediamo solo la paura". Anche nell'emergenza Covid-19, le strutture per anziani non autosufficienti restano un mondo a parte. E quella di Pontey (Aosta) lo è ancora di più. Lo racconta Elisa (nome di fantasia), operatrice sanitaria di una microcomunità sigillata, in un paese dove nessuno può più entrare e uscire dal 22 marzo scorso. Un'ordinanza del presidente della Regione Valle d'Aosta ha isolato il comune: troppi contagiati rispetto alla popolazione, soprattutto nell'ospizio. Su 42 ospiti, 33 sono risultati positivi al coronavirus. E in una manciata di giorni ne sono morti sei, di cui due erano stati trasferiti in ospedale. Tre uomini e tre donne, tutti ultraottantenni e con diverse patologie.
    "Quando abbiamo saputo del primo caso Covid positivo - ricorda Elisa - non c'è stato molto sconvolgimento. Era solo un paziente e stava in una camera singola. Lo abbiamo messo in isolamento. Ma non aveva sintomi evidenti, prima di saperlo contagiato aveva condiviso gli spazi comuni con gli altri. Così quando sono stati fatti i tamponi a tappeto, la maggior parte degli ospiti è risultata positiva. E' stato un fulmine a ciel sereno". Tutto è cambiato: la microcomunità è diventata un'estensione dell'ospedale, un reparto Covid per anziani, chiuso al resto del mondo. "All'inizio sono rimasti nelle loro camere per qualche giorno. Poi abbiamo iniziato ad alzarli dal letto. A mancare è la presenza dei familiari. Cerchiamo di passare le telefonate, in modo che gli ospiti possano sentire la loro voce, mantenere un minimo di contatto", spiega l'operatrice. "A ogni inizio del turno indossiamo tutti i dispositivi di protezione, noi stesse ci riconosciamo solo dalla voce. A volte - sottolinea Elisa - gli anziani pensano di essere finiti su un altro pianeta, la situazione è surreale. I pochi che capiscono cosa sta accadendo sono risultati negativi. Seguono i telegiornali, hanno momenti di sconforto. Noi proviamo a non far crollare il morale, ma dobbiamo trattare tutti da positivi. E sanno che stando lì dentro potrebbero essere contagiati da un momento all'altro".

   

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