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Moti aquilani: Capezzali,Celere arrivò per difendere Mariani

Moti aquilani

Moti aquilani: Capezzali,Celere arrivò per difendere Mariani

L'ex direttore 'L'Aquilasette',repressione polizia per 2 giorni

PESCARA, 26 febbraio 2021, 17:46

Redazione ANSA

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"Fecero venire da Roma la Celere per difendere alcuni esponenti del Governo: c'erano già stati gli attacchi alle sedi dei partiti, ma loro si preoccupavano in particolare per l'onorevole Mariani (Psi), che all'epoca era sottosegretario di Stato agli Interni". A sostenerlo è l'ex direttore della Biblioteca Provinciale 'Tommasi' dell'Aquila, storico, giornalista, saggista e presidente per 27 anni della Deputazione di Storia Patria Abruzzo, Walter Capezzali, 81 anni, che rievoca i fatti di 50 anni fa: nella notte tra il 26 e il 27 febbraio scoppiò all'Aquila una rivolta per salvaguardare i privilegi del capoluogo di regione.
    All'epoca Capezzali era direttore del settimanale 'L'Aquilasette'. "Il discorso è che gli aquilani non se la sono presa con Natali (Ministro dell'Agricoltura nel Governo Colombo, ndr) o con i suoi familiari, né tanto meno con Mariani: fu la presunta difesa della casa di quest'ultimo a far arrivare all'Aquila i celerini da Roma. Passando vicino alla Questura - ricorda - ho visto la Celere che portava con violenza dei giovani feriti dentro la struttura. La repressione non c'è stata da parte dei carabinieri che hanno tenuto sotto controllo la situazione nel momento più caldo, mentre c'è stata non appena sono arrivate le forze della Celere da Roma; il questore Introna fu sostituito con l'arrivo del capo della polizia Angelo Vicari".
    "Dopo quegli episodi - aggiunge - la città si è fermata, non ha avuto più nessun altra reazione tanto per dire c'è una foto che pubblicammo sul nostro giornale con il prefetto che a piedi come un cittadino qualunque, senza alcun funzionario o poliziotto di scorta, si trovava ai Quattro Cantoni in giro per la città: proprio lì cominciò il simbolico blocco della città con i copertoni ammucchiati e incendiati. Lui arrivò lì indisturbato. Gli aquilani non se la presero con le figure istituzionali: considerando come finì la sua storia il questore dell'epoca forse era stato troppo buono, forse aveva considerazione per gli aquilani".
    "Il ministero dell'Interno - sottolinea - provvide in maniera molto più pesante, forse avevano paura che si trattasse di episodi come quelli di Reggio Calabria, ma la città si era già fermata, oltretutto anche per la coscienza di non provocare l'idea di una rivolta fascista che avrebbe significato voler fare qualche danno irreparabile, cosa che non accadde assolutamente".
   

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