Il governo britannico di Boris
Johnson mette un altro tassello nella sua strategia in favore di
una economia più Green e più attenta alla minaccia dei
cambiamenti climatici annunciando dal 31 marzo la fine di ogni
finanziamento pubblico al settore dell'estrazione di petrolio e
gas nel mare del Nord. Si tratta - sottolinea in una nota la
viceministra dell'Energia, Anne-Marie Trevelyan - della prima
iniziativa del genere, sul fronte della transizione verso
l'abbandono delle piattaforme offshore, da parte di un Paese del
G7: organismo di cui Londra quest'anno ha la presidenza di
turno, unitamente a quella della conferenza Onu CoP 26 sul
clima.
Il passo annunciato oggi rientra in un programma più vasto
nell'ambito del quale il Regno Unito prevede di ridurre entro il
2050 del 50% le emissioni nocive prodotte attualmente dai suoi
residui impianti offshore del Mare del Nord. Il governo Johnson
s'impegna peraltro parallelamente a stanziare risorse per la
riconversione della forza lavoro del settore (40.000 persone
circa) nei prossimi anni, il sostegno al business, l'aiuto alle
comunità locali delle aree investite economicamente dal
cambiamento e per lo sviluppo di impianti in grado di sfruttare
fonti energetiche alternative (dall'idrogeno all'eolico), oltre
che per lo smaltimento delle vecchie strutture in via di
smantellamento.
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