(di Lorenzo Trombetta)
(ANSAmed) - IL CAIRO - A meno di 48 ore dall'inizio del
mese islamico di Ramadan, l'Egitto appare sempre piu' affacciato
sul baratro istituzionale e di sicurezza. L'uccisione stamani al
Cairo in scontri con l'esercito di decine di sostenitori del
deposto presidente Mohammed Morsi, esponente della Fratellanza
musulmana, e la conseguente decisione del partito salafita Nur
di ritirarsi dalle consultazioni per la creazione di un governo
di coalizione nazionale, fanno salire di ora in ora i timori che
le forze armate non siano in grado di tenere lontano dal caos il
Paese.
Il bagno di sangue odierno sposta infatti ancor di piu' la
contesa dai tavoli istituzionali e partitici alle strade del
Cairo e delle altre principali citta' del Paese. Secondo
immagini trasmesse dai principali media nazionali, nelle piazze
in fermento le armi da fuoco stanno pericolosamente affiancando
le pietre, gli oggetti di metallo, i coltelli e le bombe
incendiarie - tutte armi usate nelle guerriglie urbane in corso
in Egitto dalla rivolta anti-Mubarak del 2011.
Il Paese, dove la costituzione e' stata sospesa, e'
formalmente diretto da un presidente ad interim Adli Mansur, ex
presidente della suprema corte costituzionale ma la cui
autorita' e' tutt'altro che indiscussa.
Dopo la deposizione di Morsi seguita alle inedite e
oceaniche manifestazioni di piazza anti-Fratellanza di fine
giugno, le forze armate, ancora unico attore in grado di evitare
che l'Egitto scivoli nel caos generalizzato, aveva nei giorni
scorsi incaricato il giudice Mansour di traghettare il Paese
verso la normalizzazione istituzionale.
Secondo gli auspici dell'esercito e del Fronte nazionale di
salvezza (Fns, l'eterogenea piattaforma delle opposizioni
laiciste, progressiste e nasseriane unite dall'ostilita' al
progetto della Fratellanza musulmana), il governo dovrebbe esser
composto da rappresentanti di tutte le forze politiche.
La Fratellanza dal canto suo accusa i militari di aver
compiuto un golpe sull'onda delle proteste di piazza. Il
movimento islamico, che rispetto alle altre sigle politiche
conta su una base radicata in quasi tutto il territorio
egiziano, chiede a gran voce la liberazione di Morsi,
prigioniero delle forze armate, e il ripristino della sua
legittimita' come capo dello Stato eletto nelle elezioni
legislative del giugno 2012.
In questo quadro e' arrivata oggi la notizia delle dimissioni
del premier uscente Hisham Qandil, uomo di Morsi, che era pero'
rimasto almeno formalmente a capo dell'esecutivo per evitare di
creare un altro pericoloso vuoto istituzionale.
La creazione dell'esecutivo di coalizione nazionale era lo
snodo cruciale nella cosiddetta Road Map, indicata dai generali
mercoledi' scorso. Secondo alcuni osservatori, con la decisione
odierna da parte del partito Nur - il secondo partito piu'
importante nell'Egitto post-Mubarak - di ritirarsi dai negoziati
politici si complica ulteriormente la matassa.
Le forze armate e i partiti laicisti e progressisti
intendevano includere nel governo i salafiti per creare una
formazione che, seppur senza i Fratelli, avesse al suo interno
una forte componente islamica. Il partito Nur si e' gia' opposto
alla nomina a premier di due esponenti laicisti: l'ex direttore
dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea)
Muhammad al Baradei e l'economista Ziad Baad ad Din. (ANSAmed).