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La Cina in Libia, investimenti e neutralità

Think tank, Pechino non manda droni ma ha Tripoli nella sua rete

19 maggio 2020, 11:38

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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(ANSAmed) - IL CAIRO, 19 MAG - Fra le potenze mondiali e regionali coinvolte nella crisi libica, la Cina è spesso poco considerata perché non sta scaricando sul suolo libico frotte di mercenari o mobilitando droni per raid aerei come fanno Emirati arabi uniti, Turchia e Russia. Pechino però sta "costantemente investendo" a livello economico "ed esercitando un'influenza in modi che promuovono l'integrazione della Libia fra le ambizioni globali della Cina". Lo segnala un articolo pubblicato del "Carnegie Endowment for International Peace", un think-tank di spicco statunitense.

Quando scoppiò la protesta contro il regime di Muammar Gheddafi nel 2011, Pechino si astenne nel voto al Consiglio di sicurezza che autorizzò l'intervento militare il quale ha aperto la crisi ancora in corso, ricorda il sito dell'organizzazione che pubblica "Foreign Policy", una delle riviste di politica ed economia internazionale più lette al mondo.

Si trattò di una posizione che, oltre a contrastare l'influenza statunitense, fu un riflesso "della sua calcolata neutralità in Libia", scrivono due analisti dell'Endowment notando che il coinvolgimento della superpotenza asiatica "si è focalizzato sulla penetrazione economica, la sua più forte linea di influenza, e la diplomazia dietro le quinte".

Già sotto il regime di Gheddafi la Cina si era impegnata nella costruzione di varie infrastrutture: nel 2011 Pechino aveva 75 società che sviluppavano 18,8 miliardi di dollari di affari in Libia attraverso 36 mila dipendenti impegnati in circa 50 progetti fra l'altro di edilizia abitativa, ferrovie, telecomunicazioni e idroelettrico.

Ora ufficialmente la Cina appoggia il governo di Accordo nazionale del premier Fayez al-Sarraj e suoi diplomatici hanno incontrato esponenti dell'esecutivo di Tripoli nove volte tra il 2016 e quest'anno: si è svolta anche una bilaterale esteri fra Mohamed Siala e Wang Yi a margine del Forum di cooperazione Cina-Africa (Foocac) di metà 2018 con firma di un memorandum d'intesa per inserire la Libia nella nuova Via della seta, la strategica iniziativa della Repubblica Popolare Cinese per il miglioramento dei suoi collegamenti commerciali con i paesi nell'Eurasia. Già l'anno dopo il commercio bilaterale fra i due Paesi è schizzato a 6,21 miliardi di dollari con un aumento annuo del 160% trainato soprattutto dall'export petrolifero libico.

Gli analisti Carnagie prevedono però che se il generale Khalifa Haftar dovesse dotarsi di conti in valuta pregiata o imporsi altrimenti a livello finanziario sul governo di Tripoli la Cina "probabilmente rafforzare le proprie relazioni" con l'uomo forte della Cirenaica con il quale peraltro "si è lasciata canali aperti". Ne è prova l'accordo del 2016 per consentire a imprese statali cinesi di finanziare progetti di sviluppo del governo dell'est della Libia guidato dal premier Abdullah al-Thinni. (ANSAmed).

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