(ANSAmed) - Roma, 26 mar - Nelle prossime settimane, tre giovani israeliani andranno in prigione. Sono colpevoli di aver rifiutato il servizio di leva: una scelta che lo Stato ebraico non riconosce come diritto. E mentre i tre - una ragazza e due ragazzi - si preparano alla detenzione, in Israele si riaccende il dibattito sui cosiddetti «refusnik», gli obiettori di coscienza. Il tema è delicato: l'esercito rappresenta uno dei pilastri della società israeliana; i renitenti sono giudicati dei parassiti. Lo scotto sociale da pagare è altissimo. «Rifiuto la naja per solidarietà con i palestinesi che lottano contro l'occupazione», ha spiegato ai media locali Alon Gurman, 18enne di Tel Aviv, che entrerà in carcere il prossimo 16 aprile.
«Spero d'incoraggiare altri a fare lo stesso». Influenzare e sensibilizzare l'opinione pubblica appaiono come le esigenze principali del movimento dei refusnik in cerca di legittimazione. Per questo, lo scorso anno, alcuni di loro postarono in rete uno spot in cui spiegavano le diverse ragioni alla base del loro gran rifiuto. Il filmato ebbe un certo successo, ma apprezzamenti e manifestazioni di solidarietà arrivarono soprattutto dall'estero. «Nelle circostanze attuali, l'obiezione di coscienza è ingiustificabile». Lo afferma, parlando con ANSAmed, Asa Kasher, professore all'università di Tel Aviv e autore del codice etico dell'esercito israeliano. «Cosa succederebbe se domani Israele si ritirasse dalla Cisgiordania?», incalza Kasher. «Abbiamo un precedente: Gaza. Il ritiro non ha portato alla coesistenza pacifica tra israeliani e palestinesi, bensì a lanci di razzi da parte di Hamas e a Piombo Fuso». Se la renitenza attira ancora l'anatema di gran parte della società israeliana, negli ultimi tempi qualcosa si sta tuttavia muovendo. Sottrarsi alla naja non è più un tabù, pur restando una scelta minoritaria. Lo prova, tra l'altro, il fatto che tra i refusnik si annoverano anche alcune star. Il primo, negli Anni 90, fu Aviv Geffen, cantautore popolarissimo. Più recente, il caso della super top Bar Refaeli. Ma per lei, niente ideologia: «Indossare la divisa o sfilare a New York - si è giustificata la modella -, voi cosa avreste preferito?». (ANSAmed).