(ANSAmed) - TUNISI, 7 GIU - "Vogliamo andare in Europa, non
vogliamo cibo, non vogliamo stare qui, vogliamo l'Europa". E'
quanto urlano in un video, pubblicato sulla pagina Facebook
dell'ong 'Forum tunisino per i diritti economici e sociali'
(Ftdes), i 75 migranti a bordo del rimorchiatore Maridive 601
che li ha soccorsi al largo della Libia e da una settimana ormai
alla fonda al largo di Zarzis in attesa dell'autorizzazione ad
entrare in porto. Secondo fonti locali, i migranti avrebbero
rifiutato anche di farsi visitare dai medici inviati a bordo
ieri dalla Mezzaluna Rossa internazionale e dall'Istituto Arabo
dei Diritti Umani. Il governatore di Medenine Habib Chaouat ha
dato luce verde a visite mediche e rifornimenti di cibo e acqua
ma non il via libera all'approdo e allo sbarco della nave nel
porto tunisino, assicurando che la regione manca di mezzi
logistici sufficienti e domandando l'aiuto di altri
governatorati del Paese. L'Organizzazione mondiale per le
migrazioni aveva espresso qualche giorno fa la sua
preoccupazione per lo stato di salute dei migranti e reiterato
il suo appello al governo tunisino perché autorizzasse lo sbarco
dei migranti al porto di Zarzis. "La Tunisia non ha un sistema
di asilo funzionante e non può essere definito un luogo sicuro
per migranti e rifugiati. I più vicini porti sicuri sono Italia
e Malta", aveva scritto invece l'Ong Medici senza frontiere
(Msf) sul proprio profilo Twitter, mentre il Ftdes ribadisce
l'appello alle autorità tunisine di consentire l'ingresso in
porto alla nave e trovare una soluzione alla vicenda. A bordo
del rimorchiatore Maridive 601, battente bandiera del Belize,
secondo l'Oim vi sono 64 bengalesi, 9 egiziani, un marocchino,
un sudanese, e tra questi almeno 32 minori non accompagnati. Il
caso ricorda molto da vicino quello dell'estate 2018 quando una
nave commerciale, la Sarost 5, con a bordo 40 migranti salvati
da un naufragio nel Mediterraneo, dovette aspettare 17 giorni
per l'autorizzazione allo sbarco al porto di Zarzis, rilasciata
a titolo eccezionale e per "ragioni umanitarie". (ANSAmed)
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