"Nel Mediterraneo centrale si continua a morire, in un desolante vuoto di capacità di soccorso. Di fronte alle morti incessanti e alla colpevole inazione degli Stati, siamo obbligati a tornare in mare per portare soccorso, cure e umanità facendo la nostra parte per fermare queste tragedie", dice la presidente di Msf Claudia Lodesani.
Da inizio anno, sottolinea Msf, più di 500 uomini, donne e bambini sono morti nel tentativo di attraversare il Mediterraneo centrale. Il terribile naufragio del 22 aprile ha provocato almeno 130 morti, altri sono seguiti nelle settimane seguenti.
"Il nostro ritorno nel Mediterraneo, per il settimo anno consecutivo, è il risultato diretto delle sconsiderate politiche di non-assistenza da parte dell'Europa, che condannano le persone a morire in mare", continua Lodesani. "Negli anni i governi europei, in particolare Italia e Malta stati costieri più coinvolti, hanno progressivamente abbandonato l'attività di ricerca e soccorso, hanno smesso di assistere le persone in pericolo e hanno deliberatamente ostacolato, se non criminalizzato, l'azione salvavita delle organizzazioni in mare.
Queste politiche hanno lasciato alla deriva migliaia di uomini, donne e bambini, a rischio di annegare lungo il confine meridionale d'Europa".
Msf chiede che venga interrotto al più presto il supporto dell'Europa alla guardia costiera libica e al ritorno forzato delle persone in Libia, e che venga ripristinata una efficiente capacità di ricerca e soccorso per fermare le morti in mare.(ANSAmed).
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