L'ingresso delle truppe di Damasco nei quartieri ribelli di Daraa è il risultato di una lunga e delicata mediazione russa protrattasi per tutto agosto tra le forze governative e quelle locali di Daraa. Queste sono in parte sostenute dalle stesse forze militari russe dispiegate in Siria; sono in parte appoggiate dall'Iran, rivale nell'area della stessa Russia; e in parte sono invece solidali con le opposizioni armate, sconfitte nel 2018 dopo la campagna militare russa e governativa.
Lunedì scorso era stato annunciato il raggiungimento dell'accordo tra le parti dopo l'intesa per una tregua negli scontri armati. L'accordo prevede la consegna da parte dei miliziani locali delle loro armi, la loro resa alle forze governative, e l'erezione di posti di blocco governativi in città sotto la supervisione della polizia militare russa. I miliziani di Daraa che non intendono arrendersi o che sono ricercati dal governo e che rischiano di subire torture in carcere sono costretti a essere deportati nel nord-ovest della Siria, nella regione di Idlib sotto controllo turco e dove da anni la Russia e il governo siriano ammassano quelli che vengono definiti "terroristi". Il governo siriano si è impegnato a togliere l'assedio contro Daraa che, secondo l'Onu, ha acuito le già precarie condizioni umanitarie di decine di migliaia di civili della zona. Organizzazioni umanitarie locali hanno denunciato abusi e arresti indiscriminati nei confronti di attivisti della società civili e di combattenti di Daraa.(ANSAmed).
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