Baier, che si era fatto notare nel 2008 al festival di Locarno con il sorprendente "Un autre homme", ha mano ferma e dirige bene i suoi attori, ma è chiaro che per lui il contesto è meno interessante dello scontro generazionale di mentalità che sta all'origine della storia. "Con questa Europa - dice - dobbiamo fare tutti i conti, che ci crediamo o meno, perfino se, come la Svizzera, non ne facciamo parte. Di fronte alla tragedia dei profughi tutti abbiamo reazioni diverse e spesso ci vergogniamo di ciò che pensiamo in privato. Ma per i giovani è diverso e io volevo portare allo scoperto lo scontro tra innocenza e realismo. E' un film diverso dai miei precedenti, segna un passaggio e ho fatto tesoro della mia esperienza come documentarista. Il sottotitolo del film dice 'Al sud' e per me questa è la prospettiva con cui noi europei dobbiamo guardare al domani". (ANSAmed).
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