Le industrie marine e marittime sono settori in crescita nell'economia mediterranea, ma richiedono nuove conoscenze, competenze e innovazione per esprimere il loro pieno potenziale economico. Il settore della Blue Economy è cambiato e si è diversificato radicalmente nell'ultimo decennio, passando dalle classiche navi di acciaio alla costruzione di modelli più complessi e avanzati. Attualmente è uno dei settori a più alta intensità di ricerca in Europa, visto che il 9% del suo Pil è investito in ricerca e sviluppo.
Una sessione è stata dedicata alla presentazione delle buone pratiche adottate da 4 progetti sostenuti dall'UpM: BlueSkills per sviluppare nuovi curricula e aumentare l'occupabilità nei settori marino e marittimo attraverso programmi di istruzione superiore e borse di studio per ricercatori; HOMERe, che si rivolge a studenti di alto profilo nel loro ultimo anno di studi e, tramite tirocinio, facilita il passaggio da un ambiente scolastico a ruoli lavorativi qualificati; Plastic Busters, progetto che coinvolge enti pubblici e privati ;;per individuare soluzione collaborative per la riduzione di rifiuti di plastica; Co-Evolve4BG, che promuove il turismo costiero e marittimo sostenibile attraverso il co-sviluppo delle attività umane e degli ecosistemi naturali. "Un'economia blu - commenta Itaf Ben Abdallah, consulente dell'UpM per l'istruzione superiore e la ricerca - competitiva, resiliente e socialmente equa ha bisogno di professionisti altamente qualificati. Molti settori della Blue Economy hanno difficoltà a trovare le persone giuste e l'attuale situazione covid-19 ha aumentato ulteriormente le sfide. Per tutti questi motivi, al fine di avvicinare il mondo accademico a quello lavorativo, l'UpM ha recentemente lanciato un'iniziativa volta a rafforzare le opportunità di carriera di studenti, laureati e ricercatori. È necessario che la regione mediterranea utilizzi al meglio il potenziale dell'economia blu, anche per una ripartenza economica".(ANSAmed).
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