Sarah Mardini, profuga siriana sbarcata a Lesbo nel 2015 e poi tornata nell'isola greca per partecipare come volontaria alle operazioni di salvataggio dei migranti, non era presente in tribunale poiché come spiegato dal suo avvocato, la Grecia le impedisce di entrare nel Paese. Arrestata nel 2018 dalla polizia assieme a Sean Binder, altro attivista di nazionalità tedesca, Mardini aveva passato in carcere tre mesi, prima di essere rilasciata. La sua storia, assieme a quella della sorella Yusra, nuotatrice professionista che ha partecipato alle Olimpiadi di Rio de Janeiro e di Tokyo, è stata raccontata dal film di Netflix "The swimmers", ("Le nuotatrici").
Diversi osservatori per i diritti umani come Amnesty International hanno chiesto alle autorità di ritirare le accuse contro gli attivisti e stanno seguendo il caso, mentre accusano il governo greco di voler criminalizzare le ong per scoraggiarne l'operato. "Sarah e Sean hanno fatto quello che ognuno di noi avrebbe fatto se si fosse trovato nella loro posizione. Aiutare persone che rischiano di annegare in una delle rotte più letali d'Europa e assisterle sulla costa non è un crimine", ha dichiarato Nils Muiznieks, direttore dell'Ufficio europeo di Amnesty, in un comunicato in vista dell'udienza.(ANSAmed).