(di Aldo Baquis) (ANSA) - TEL AVIV, 12 GEN - Una legge controversa, che nega l'estensione automatica della cittadinanza o anche il diritto alla residenza permanente agli sposi palestinesi di cittadini di Israele (ma la ammette in casi umanitari), e' stata approvata ieri dalla Corte Suprema di Gerusalemme al termine di un lungo e sofferto dibattito. Da un lato la difesa dei diritti civili di oltre un milione di arabi israeliani. Dall'altro considerazioni generali di sicurezza dello Stato ebraico. Alla fine sei giudici hanno respinto gli appelli delle organizzazioni per i diritti civili che volevano l'abolizione della legge, approvata ''in via provvisoria'' nel 2003 quando Israele era impegnato in una lotta spasmodica contro un'ondata di attentati terroristici palestinesi. Altri cinque giudici (fra cui la presidentessa del Corte Suprema, Dorit Beinish) hanno votato per la abolizione della legge. Sintetizzando il pensiero della maggioranza, il giudice Asher Grunis ha affermato: ''I diritti civili non possono essere una ricetta per un suicidio nazionale''. Poi ha approfondito: ''Non esiste alcun esempio di un Paese che consenta l'ingresso di migliaia di cittadini di una entita' nemica, per qualsiasi fine, durante un periodo di guerra, o di lotta armata''. Se le coppie miste israelo-palestinesi vogliono vivere in piena armonia ''che si trasferiscano nei Territori, o altrove'' ha suggerito il presidente della Knesset Reuven Rivlin (Likud). All'origine della legge vi sono i matrimoni contratti da arabi israeliani con palestinesi della Cisgiordania e di Gaza, o anche con cittadini di Paesi islamici in conflitto con Israele. All'inizio degli anni Duemila il fenomeno ha preso piede, separatamente ma di pari passo con l'intifada armata. Da qui la reazione angosciata della Knesset, controllata allora da partiti centristi. Ma nei dibattiti alla Corte Suprema, viene fatto notare, le autorita' militari non hanno mai dimostrato che gli sposi 'importati' dai Territori rappresentassero un pericolo per la sicurezza dello Stato. Anche se fra le migliaia di persone vi fossero stati casi singoli - hanno fatto notare organizzazioni per i diritti civili - potevano essere facilmente neutralizzati dai servizi segreti. Perche' dunque approvare una legge che vede in tutti i palestinesi, in quanto tali, una minaccia intrinseca per lo Stato di Israele? Oggi dunque, mentre la destra nazionalista esprime soddisfazione per l'atteggiamento della Corte Suprema e per la bruciante sconfitta della presidentessa Beinish, le organizzazioni per i diritti civili (Adala, Acri) reagiscono con la massima indignazione. ''La Corte Suprema - ha affermato Sawan Zahar (Adala) - ha approvato una legge razzista, senza eguali in altri Paesi democratici''. E in parlamento il deputato comunista Dov Henin ha trovato un ulteriore elemento di preoccupazione: ''In passato si pensava che anche se la Knesset promulgava leggi deleterie, la Corte Suprema avrebbe poi provveduto a bloccarle. Da oggi non c'e' piu' certezza: in quella diga si e' aperta una falla che non fa ben sperare''. (ANSA).