ROMA - Strutture di accoglienza sovraffollate (11%), decadenti (17%) e con spazi inadeguati per le attività di gruppo (35%). Edifici spesso isolati e mal collegati con le città (33%). Difficile per gli ospiti l'accesso ai servizi territoriali. Critica anche la "situazione organico" a causa di carenza di personale (39%) e di gruppi di lavoro e direzione scarsamente specializzati (41%). In un caso su tre, inoltre, mancano o sono carenti i controlli e le ispezioni istituzionali sull'operato dei soggetti che ne hanno la gestione. E' la fotografia dei centri di accoglienza per richiedenti e beneficiari di protezione internazionale scattata dagli operatori di Cas (Centri di accoglienza straordinaria), Sprar e altri centri governativi. I dati emergono dal dossier "Accoglienza rifugiati: un'ordinaria emergenza", diffuso oggi dalla società cooperativa sociale In Migrazione, che lancia l'allarme sulle "gravi criticità" dei centri di accoglienza segnalate dall'84% degli operatori.
Le difficoltà - per i 333 intervistati tra coordinatori, operatori sociali, educatori, psicologi, psicoterapeuti, assistenti sociali, personal tutor, operatori legali, insegnanti d'italiano, mediatori culturali e amministrativi - sono più accentuate nei Cas. "Migliore, pur con problematiche", l'accoglienza Sprar. In generale, il 62% degli operatori rileva uno o più problemi alle strutture. Per quanto riguarda invece l'accesso ai servizi territoriali, il 44% lamenta problemi nella relazione con gli Uffici Immigrazione delle Questure, soprattutto per i "tempi burocratici spesso lunghissimi, connessi all'iter della domanda d'asilo". Complicato anche il rapporto con le amministrazioni locali (con poca o inesistente collaborazione da parte degli uffici anagrafici, nel 33% dei casi, e dei servizi sociali, 53%) e con i servizi dei medici di base (19%), i servizi sanitari e le visite specialistiche (27%), la presa in carico di vulnerabilità psichiatriche (52%). Problemi anche con l'accesso ai corsi di lingua italiana - dalla prima alfabetizzazione (30%) ai livelli base e avanzato (53%) -, ai corsi di formazione professionale (58%) e agli stage (66%). Il 52% segnala anche criticità nelle relazioni e collaborazioni con il Terzo settore.
E' sempre più urgente, secondo l'analisi di In Migrazione, l'avvio di un sistema di accoglienza di qualità, senza allarmismi sui numeri. A fronte dell'aumento degli sbarchi e delle 71.744 richieste di asilo registrate da gennaio a giugno 2017, "non assistiamo ad alcuna invasione": in Italia sono stati complessivamente attivati 175.550 posti per accogliere richiedenti asilo e rifugiati, poco più di tre persone ogni 1.000 residenti. Se in termini assoluti - osserva In Migrazione - è la Lombardia a ospitare più richiedenti e beneficiari di protezione internazionale (23.391 persone), in rapporto ai residenti ospita appena lo 0,23%. E' il Molise invece ad avere la presenza più forte (più di un rifugiato ogni 100 abitanti).
"Quello che trasforma una criticità in emergenza - spiega Marco Omizzolo, responsabile scientifico di In Migrazione - è il ritardo del nostro Paese nel costruire un sistema di accoglienza di qualità con una visione che non sia soltanto tesa a tamponare gli sbarchi". Occorre "trasformare l'accoglienza in un'opportunità per il nostro Paese". In Migrazione stima che un sistema di accoglienza di qualità può generare oltre 70.000 posti di lavoro - senza considerare l'indotto - "trasformando il vecchio binomio Accoglienza=Business in Accoglienza=Mestiere, nel senso più nobile e specialistico del termine".