I dati disponibili evidenziano come comunità di migranti residenti nei Paesi dell'Unione europea (Ue), dello Spazio economico europeo (See) e del Regno Unito "sono particolarmente esposte al rischio di infezione da Sars-CoV-2, con conseguenze sul numero di ricoveri e decessi": in Norvegia i migranti rappresentavano il 42% di tutti i casi (al 27 aprile 2020), in Danimarca il 26% (al 7 settembre 2020) e in Svezia il 32% (al 7 maggio 2020). Inoltre, studi condotti in Italia e in Spagna suggeriscono che "i migranti hanno più probabilità di essere ricoverati rispetto alla popolazione residente". Alcune popolazioni migranti hanno subito maggiormente gli effetti negativi delle restrizioni per combattere la pandemia; inoltre, le restrizioni per i viaggi hanno avuto ripercussioni nei ricongiungimenti familiari e nei processi di asilo.
Quanto alle vaccinazione anti Covid "i dati sembrano indicare bassi tassi di copertura in alcuni gruppi di migranti e minoranze etniche. Tuttavia, la loro alta esposizione al virus rende necessario mettere in atto interventi mirati su questi gruppi". Pertanto, "nel momento in cui si decidono i gruppi prioritari per la vaccinazione" gli esperti invitano a prendere in considerazione "i migranti nei campi, nei centri di accoglienza e detenzione, nei rifugi per senzatetto". Inoltre, "è necessario migliorare la raccolta dati sui vaccini" in questi contesti.(ANSAmed).