Se hai scelto di non accettare i cookie di profilazione e tracciamento, puoi aderire all’abbonamento "Consentless" a un costo molto accessibile, oppure scegliere un altro abbonamento per accedere ad ANSA.it.

Ti invitiamo a leggere le Condizioni Generali di Servizio, la Cookie Policy e l'Informativa Privacy.

Puoi leggere tutti i titoli di ANSA.it
e 10 contenuti ogni 30 giorni
a €16,99/anno

  • Servizio equivalente a quello accessibile prestando il consenso ai cookie di profilazione pubblicitaria e tracciamento
  • Durata annuale (senza rinnovo automatico)
  • Un pop-up ti avvertirà che hai raggiunto i contenuti consentiti in 30 giorni (potrai continuare a vedere tutti i titoli del sito, ma per aprire altri contenuti dovrai attendere il successivo periodo di 30 giorni)
  • Pubblicità presente ma non profilata o gestibile mediante il pannello delle preferenze
  • Iscrizione alle Newsletter tematiche curate dalle redazioni ANSA.


Per accedere senza limiti a tutti i contenuti di ANSA.it

Scegli il piano di abbonamento più adatto alle tue esigenze.

Pietà, Michelangelo "costretto abbandono per difetti marmo"

Ipotesi da restauro a Firenze. Non tracce colpi per distruggerla

24 settembre, 15:20

(ANSAmed) - FIRENZE, 24 SET - Concluso a Firenze il restauro della Pietà di Michelangelo conservata al Museo dell'Opera del Duomo, non finita dal Buonarroti che vi lavorò tra il 1547 e il 1555, e che si ritrasse nell'opera nel volto di Nicodemo. L'intervento ha confermato per la prima volta che la scultura fu realizzata con un marmo difettoso per la presenza di numerose microfratture, in particolare una sulla base, che potrebbe aver "costretto" Michelangelo ad abbandonare l'opera.

Ipotesi, si spiega, più credibile di quella da sempre tramandata che il grande artista, oramai anziano, scontento del risultato, abbia tentato in un momento di sconforto di distruggerla a martellate: il restauro non ha individuato traccia, a meno che Tiberio Calcagni, che intervenne sull'opera entro il 1565, non ne abbia cancellato i segni.

Il restauro sull'opera, conosciuta anche come Pietà Bandini, una delle tre eseguite dal Buonarroti, ha portato anche alla scoperta che l''enorme blocco di marmo su cui è scolpito uno dei capolavori più intensi e tormentati di Michelangelo proviene dalle cave medicee di Seravezza e non di Carrara come ritenuto fino ad oggi. Il restauro - commissionato dall'Opera del Duomo e reso possibile grazie alla donazione della Fondazione Friends of Florence, affidato a Paola Rosa con la collaborazione di Emanuela Peiretti -, era iniziato nel novembre 2019 e ha subito più di uno stop a causa del Covid. Un cantiere aperto - i visitatori del museo hanno potuto continuare ad ammirare la scultura - che il museo ha ora deciso di lasciare fino al 30 marzo prossimo, per permettere al pubblico con visite guidate di vedere da vicino e in un modo unico la Pietà restaurata.

Il restauro, da considerare il primo eseguito sulla Pietà (le fonti, si spiega dall'Opera del Duomo, non riportano particolari interventi nel passato se non quello eseguito da Calcagni), ha liberato la scultura "dai depositi superficiali che ne alteravano la leggibilità dell'eccezionale plasticità e la cromia". L'obiettivo era di "raggiungere una lettura uniforme ed equilibrata dell'opera, riproponendo l'immagine della Pietà, scolpita in un unico blocco, come probabilmente pensata in origine da Michelangelo". Le quattro figure che la compongono sono realizzate in un blocco di marmo alto 2 metri e 25 centimetri, del peso di circa 2.700 kg. Le indagini diagnostiche hanno appunto portato alla scoperta che si tratta di un marmo proveniente dalle cave di Seravezza e non di Carrara, come ritenuto fino ad oggi. Una scoperta significativa perché le cave di Seravezza erano di proprietà medicea e Giovanni de' Medici, futuro Papa Leone X, aveva ordinato a Michelangelo di utilizzarne i marmi per la facciata, mai realizzata, della chiesa di San Lorenzo a Firenze e di aprire una strada per trasportarli al mare. Come mai questo enorme blocco di marmo fosse nelle disponibilità di Michelangelo a Roma, quando scolpisce la Pietà, rimane però un mistero. Si sa anche che Michelangelo non era soddisfatto della qualità di questi marmi perché presentavano venature impreviste e microfratture difficili da individuare dall'esterno. E il restauro ha confermato che effettivamente era difettoso come racconta anche il Vasari nelle 'Vite' descrivendolo duro, pieno d'impurezze e che 'faceva fuoco'. Dal restauro sono emerse "tante piccole inclusioni di pirite nel marmo che colpite con lo scalpello avrebbero certamente fatto scintille, ma soprattutto la presenza di numerose microfratture, in particolare una sulla base che appare sia davanti che dietro, e che fa ipotizzare che Michelangelo incontrandola mentre scolpiva il braccio sinistro di Cristo e quello della Vergine, sia stato costretto ad abbandonare l'opera per l'impossibilità di proseguire il lavoro.

"Per i visitatori del nostro museo - ha detto Timothy Verdon, direttore del museo dell'Opera del Duomo - la Pietà scolpita da Michelangelo per la propria tomba ha particolare impatto sia estetico che emotivo. E grazie al restauro torna ora leggibile come massimo capolavoro degli ultimi anni dell'artista, anche se non finita. All'epoca simili opere erano chiamate 'infinite'".

Per l'intervento, ha spiegato Beatrice Agostini, direttrice dei lavori di restauro, "è stato costituito un gruppo di lavoro multidisciplinare che ha permesso di effettuare le indagini necessarie per comprendere i degradi presenti sulla scultura, per individuare le metodologie di restauro e anche documentare e studiare l'opera".(ANSAmed).

© Copyright ANSA - Tutti i diritti riservati