Gli altri "atti" sono "articoli", si è limitata a precisare.
La legale ha parlato di "tutte le accuse" rispondendo alla domanda se il rinvio a giudizio sia avvenuto solo per "diffusione di notizie false dentro e fuori il Paese" in un articolo sulle persecuzioni dei cristiani d'Egitto - come indicato da 10 ong tra cui quella per cui lavorava il ricercatore - o anche per istigazione alla protesta, "al rovesciamento del regime", "all'uso della violenza" e al "crimine terroristico" come risulta da una velina diffusa a più riprese in questi mesi da fonti giudiziarie al Cairo. La domanda era insomma se persistano le accuse legate ai dieci post su Facebook su cui si sono basati i 19 mesi di custodia cautelare in carcere culminati nel rinvio a giudizio annunciato il 13 settembre. Ancora il giorno dopo, al termine della prima udienza in cui aveva chiesto e ottenuto l'accesso agli atti, la legale non aveva saputo precisare se le vecchie e più gravi accuse - quelle che secondo Amnesty gli fanno rischiare 25 anni di carcere o addirittura l'ergastolo, stando a un'altra fonte legale egiziana - fossero state archiviate. Per certa veniva data dalle ong soltanto quella di diffusione di notizie false con l'articolo di due anni fa sulle persecuzioni e discriminazioni dei copti: un'accusa che gli fa rischiare 'solo' una condanna a cinque anni di reclusione che, calcolando la custodia cautelare già subita, si ridurrebbero a tre anni e cinque mesi. La prossima udienza per Patrick è fissata per martedì 28 settembre, sempre a Mansura, la città sul delta del Nilo dove è nato 30 anni fa.(ANSAmed).